Avevo lasciato Goodmorningboy a galleggiare in un disco la cui preoccupazione maggiore sembrava rendere omaggio ai propri ascolti. Attendevo questo lavoro con lo scetticismo di chi è stanco dei fantasmi e pretende la prima persona singolare da chi ha il dono di saper scrivere musica. Marco Iacampo sembrava destinato a sprecare un talento raro. Troppo attento a camminare per guardare dove stava andando. Invece ecco Hamletmachine e non resta che arrossire in silenzio, perchè il veneziano fa la cosa più semplice per un grande artista: un disco bellissimo. Fatto di canzoni da invidiare.
Goodmorningboy è finalmente riuscito a frantumare il suo rifugio, liberando una personalità maestosa. Le influenze restano palesi, ma si piegano ora all'ispirazione di un cantautore capace di costruire piccole meraviglie, andando a spaventare proprio quei fantasmi di cui aveva subito la soggezione. Un disco talmente perfetto da contenere anche canzoni non belle. Un giro completo attorno al rock d'autore, sviluppato su tematiche diverse ma intimamente collegate, reinterpretando a modo proprio gli spunti rubati a John Lennon e Sparklehorse, Neil Young e Satchel, Bob Dylan e Pedro The Lion. Un lungo elenco di riferimenti che si rimodulano in continuazione, ma che stavolta non soffocano il respiro creativo, costruendo un sublime ambiente espressivo.
Una scrittura poetica che condensa il minimalismo e lo eleva a canzone d'autore. Musica intima che racconta malinconie quotidiane e tensioni sentimentali, raccogliendole in raffinate rock ballad a bassa fedeltà sospese in un folk stracolmo di ricami elettroacustici.
Avanti e indietro nel suo universo personale, Goodmorninboy mette in mostra un'ispirazione che ripudia ogni stravaganza, dilettandosi a trovare nuovi dettagli nella tradizione. Non una sola nota di troppo, ma un soffice equilibrio che amalgama il delicato tessuto chitarristico con i tenui contrappunti strumentali. Un suono che parte dagli anni sessanta e si ricopre di modernità, trasportato da una voce che raschia sui toni bassi ma sa ingentilirsi in delicate carezze armoniche. Iacampo racconta silenzi, lacrime, stelle, dubbi, ricordi, vertigini. Squarcia in continuazione le tele dei suoi dipinti per scoprire cosa c'e' dietro. Con un equilibrio magnifico tra melodie pop e variazioni psichedeliche.
L'inglese è la lingua prescelta, ma nessuno si accorgerebbe del passaporto italiano. Questo lavoro può andarsene all'estero a raccogliere sguardi compiaciuti. La speranza è che lo faccia davvero.
Un artista finalmente responsabile di sè, che compone un disco prezioso. Di quelli da non perdere se amate chi scrive le canzoni belle.
Ennesima dimostrazione di come sia doveroso arrendersi di fronte al talento. Perchè nell'arte l'evoluzione è un concetto relativo. Non nel passato, non nel futuro. Hamletmachine è nel presente. E merita applausi.
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La recensione Hamletmachine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-01-06 00:00:00
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