Pop-rock diligente con qualche traccia di beat per un disco sempre in bilico tra dinamismo e staticità
“Sogno il mondo che vorrei, dove non esiste un mai, ed è il posto in cui ti porterei”. Sono i versi chiave di “L’arte del bonsai”, primo brano dell’opera seconda di Fabio Mercuri, cantautore di origine pugliese ormai stabilmente inserito nel circuito milanese.
Edito da Adesiva Discografica di Paolo Iafelice (cresciuto sotto l'egida di Mauro Pagani) “Progetti per il futuro” comincia con il sogno di un luogo dove il tempo ha un tempo. L’incertezza rispetto all’avvenire è universale, ha attraversato tutte le epoche dall’anno mille in poi, ed è senza dubbio un cruccio dei nostri giorni. Il disco di Mercuri è perciò figlio del presente e si sviluppa senza andare troppo in là, senza dilatarsi, ma anzi costruisce le sue speranze riflettendo su momenti brevissimi della quotidianità: una passeggiata per strada, dove “tutto si può perdere, amori gioie e tutte le virtù” (“Universale”), un pomeriggio nel traffico di “Agosto” (con il suo andamento à la Zen Circus), una dormita sul divano. Il sofà sembra essere simbolo della spinta riflessiva dell’album. È l’elemento che mette in contrapposizione chi si adagia su qualche certezza (“i libri mai sfogliati, i quadri e le mie tazze da tè”) e chi invece vorrebbe allontanarsi e partire: “se intanto mi addormento sul divano, tu prendimi la mano e andiamo via”.
Passato, presente, futuro: il disco di Mercuri attraversa diversi strati temporali, continuamente in bilico tra dinamismo e staticità, come il protagonista di “Il resto lo scopri da te” (“però non mi basta rincorrerti stando qui fermo sul posto”). La diatriba si fa più insistente in “Ora”, che si avvia come una ballata dei Beatles e poi vira su distorsioni più ruvide. Il gioco anaforico del titolo è funzionale proprio a evidenziare la dialettica tra ciò che era e ciò che è ora, con l’aggiunta di continue locuzioni negative. “L’esplorazione di un’epoca” a volte porta ad appurare una sorta di disagio, porta a “sentirsi fuori posto” e ad aggrapparsi ai ricordi, quindi al proprio passato.
Mercuri dimostra una buona capacità compositiva, anche se qualche canzone si frammenta in maniera eccessiva dal punto di vista sintattico, dilungandosi nei ponti. I moti percussivi si mescolano in maniera calzante con fiati, organo e chitarre, tratteggiando un pop-rock diligente con qualche traccia di beat. Per quanto orchestrato in maniera pulita ed elegante (produzione artistica di Leziero Rescigno, missaggio di Iafelice), il disco forse procede un po’ troppo linearmente, senza grossi scossoni emotivi.
Cosa ci capiterebbe se rimanessimo fermi tutta la vita a guardare? Che alla fine tutto ci sembrerebbe “Una cosa normale”. Non è semplice districarsi tra i due strattoni del tempo verso il pantano dell’abitudine e verso l’incertezza di andare oltre quel sogno iniziale, ormai finito. Ma forse bisogna provare.
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La recensione progetti per il futuro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-02 00:00:00
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