Un grande ep che è un viaggio sonico ed elegante attraverso lande innevate
“Io sognai nella neve di un'immensa / città di fiori / sepolta”, queste alcune strofe della poesia “Nevai” di Antonia Pozzi, grande poetessa italiana troppo spesso dimenticata. E non ci sono parole migliori in grado di evocare l’essenza, un po’ segreta, interamente mistica, dell'ep di debutto degli ⁄handlogic. Dietro (ma sarebbe meglio dire tutt’intorno) agli /handlogic sta, acquattato nella neve bianca, Lorenzo Pellegrini, che trama e ordisce universi musicali profondissimi, in cui l’ascoltatore, proprio come in alta montagna, quando il rifugio pare essere a pochi passi ma in realtà dista ancora chilometri, può perdersi, anzi deve perdersi. Infatti “Earplugs”, la prima canzone delle quattro che compongono il disco, non può che essere ascoltata smarrendosi nelle sue spire, lasciandosi avvolgere dal freddo immortale degli alti monti con sottofondo ora jazzy ora r&b delle pulsazioni colossali di Lorenzo Pellegrini e di un superbo Vieri Cervelli Montel alla batteria.
Anche la seconda traccia, “Mindlogs”, s’aggira per questi lidi: sembra quasi di poter ascoltare i propri passi sulla neve bianca, quel “crick-crick” ovattato che dà l’impressione di essere soli al mondo. Ma soli non si è, si è invece in compagnia degli echi di questa canzone, così ritmica, quasi da ballare, quasi in grado di sciogliere interamente il gelo del cuore, ma non in un battibaleno, bensì con lentezza, come una ricetta della cucina antica, come una spada che dev’essere temprata con la cura e la pazienza di un mastro armaiolo (cura e pazienza, ne siamo sicuri, sono stati un vero e proprio mantra nella registrazione di questo lavoro).
Ma l’apice, la sommità di questa cima innevata, la si tocca con l’ultimo pezzo, “Arles”, da cui è stato tratto anche un bellissimo video. Ed è proprio un “arrivare in vetta” quello che si prova in questa canzone, con infinite vallate che, repentine, si aprono di fronte a noi, e i fiati di Samuele e Francesco Cangi che fendono l’aria (sempre fredda, sempre glaciale) proprio come aquile che sfidano anche la più rigida delle stagioni. Il debutto degli ⁄handlogic è squillante e inesorabile, come un mattino di sole in pieno inverno. Il respiro è più pieno, i muscoli sono più forti e il passo più deciso. Non ci resta che fissare l’orizzonte, un po’ melanconici, per sentire ancora la neve fredda sotto di noi e l’alto cielo infinito sopra di noi, sulle orme di Antonia Pozzi “e cantavo fra me di una remota/ estate, che coi suoi amari/ rododendri /m’avvampava nel sangue”.
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La recensione EP di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-12-12 00:00:00
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