Umberto Palazzo è un nome “storico” del rock indipendente italiano degli anni ’90. Per la precisione faceva parte del giro dell’etichetta dei CSI, la CPI, che in quegli anni portò alla ribalta diverse band italiane tra cui Marlene Kuntz, Ustmamò, AFA… Umberto Palazzo, assieme al suo gruppo Santo Niente, formato a Bologna nel 1994, rappresentava il lato duro di quella scena. La loro musica era direttamente imparentata con il grunge e col punk di moda a quei tempi, con chitarre abrasive in evidenza e ritmi vivaci a sostenere il tutto.
Ascoltare oggi un nuovo cd dei Santo Niente mi causa una doppia sensazione. Da un lato il ricordo ritorna nostalgico a una stagione che ebbi modo di vivere in prima persona e che rievoco volentieri anche perché, a quei tempi, avevo dieci anni in meno. D’altro canto, occorre guardare avanti e questo disco non sembra l’ideale per questo. La musica dei Santo Niente suona infatti decisamente datata, ferma ancora al 1994, con l’aggravante di essere stata ripulita dalle asprezze più acute, forse per tentare l’approccio a un pubblico più largo. Ogni periodo ha i suoi eroi e gli italiani che spaccano nel 2004 si chiamano Larsen, My Cat Is an Alien e Jennifer Gentle, non certo Santo Niente.
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