Sentirsi a casa. È di questo che parlano con un tono scanzonato e un po’ hippie i Flame Parade in questo godibilissimo “A New Home”. Il titolo è emblematico e non solo in senso spirituale, ma anche in virtù delle vicissitudini reali della band: i Flame Parade hanno davvero trovato una nuova casa, spostando il proprio quartier generale in una nuova sala prove e traendo da questo cambiamento lo spunto per un nuovo inizio. Ne deriva che l’atmosfera che permea il disco è simile a quella che si prova al termine di un viaggio: c’è la malinconia della fine di qualcosa e l’entusiasmo per l’inizio di qualcos’altro.
“A New Home” è un album dolceamaro, ma quanto mai intriso di un ottimismo raggiante. I suoi brani non sembrano voler cambiare niente delle storie di cui raccontano, limitandosi a raccoglierne soltanto l’essenza e ad accettare lo stato delle cose. La perfetta sinossi di quest’album sarebbe “Così è la vita (ed è meravigliosa)”. Perfino nei pezzi più cupi, infestati da vecchi e nuovi fantasmi, a prevalere è sempre un atteggiamento indulgente nei confronti dell’esistenza e dei suoi malanni. Del resto, i nostri eroi lo dicono chiaro e tondo nel ritornello di “Naivety”: “We naturally love, we naturally lie, for what it’s worth, we naturally die”. Tutto è naturale, tutto è perdonato, la vita è un’avventura meravigliosa e bisogna viverla senza farsi troppi problemi. E questo spirito trasuda abbondantemente da tutti i pezzi.
La title-track “A New Home” è una scanzonata ballata indie-pop con un ritornellone che farebbe invidia ai Lumineers. Stessa cosa si dica per “Floating Days”, in cui ad accompagnare la canzone c’è una gradevolissima chitarra britpop. “Naivety” si avvicina più ai territori del tropicalismo indie in stile Vampire Weekend (quelli del primo album), mentre “Babylon” è uno spumeggiante country-reggae che ricorda per attitudine "Don’t Pass Me By" dei Beatles. Le ballate più intime sono tutte fantastiche: dalla irriverente “Seahorse”, arricchita dai fraseggi alcolici di quella che sembra una lap-steel guitar, alla delicata “Surrender”, passando per il pezzo più notevole di tutto il disco, “Foxes’ Funeral”, un intenso brano memore dei primi The National e dall’impatto emotivo devastante. Chiude l’album la corale “To The Moon”, che a questo punto del discorso ambisce ad essere una sorta di preghiera alla vita e alle sue promesse.
Detto questo, i Flame Parade sono un gruppo onesto, con se stesso e con i propri ascoltatori. In ognuna di queste dieci canzoni si riesce sempre a indovinare qual è l’emozione da cui è scaturita l’ispirazione. Certo, in alcuni casi la scrittura mostra alcune ingenuità. Ma ascoltando questo disco si capisce sempre e con assoluta chiarezza quale sia la visione delle cose di chi lo ha scritto. E questo, per un artista, è la cosa più importante.
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