Un intimismo complesso e cangiante declinato attraverso una moltitudine di bluastri registri elettronici e vocali.
È una sorta di gelido carnevale elettronico quello allestito dalla brava UnePassante, a questo giro in sodalizio artistico con Emanuele Fiordellisi e David Matteini. Una bizzarra forma di sintetico multricromatismo al contrario, più esattamente, che ripudia i colori caldi ed esalta la freddezza descrittiva di suoni, umori, ricordi e sentimenti attraverso un percorso visionario di otto brani registrati tra le mura domestiche e poi ottimizzati altrove grazie al tocco sapiente di scafati professionisti (il mastering è stato eseguito negli Stati Uniti da Shawn Hatfield di AudibleOddities).
Quello di “Seasonal beast” (titolo peraltro estrapolato da una memorabile canzone di Robert Wyatt) sembra un vero e proprio armistizio sonico tra la componente animalesca dell’essere umano e il suo relativo contrappeso razionale, un patto comune di non belligeranza tra la voce versatile della musicista palermitana e il contraltare elettronico orchestrato dai suoi due sodali nell’esplorazione congiunta di quella zona d’ombra posizionata tra la vita vissuta e quella soltanto immaginata.
Accantonate dunque, almeno per il momento, le infatuazioni folk degli esordi Giulia Sarno & Co. veicolano all’esterno un intimismo complesso e cangiante declinandolo attraverso una moltitudine di bluastri registri melodici: il romanticismo chiaroscurale e quasi cosmico di “Cursed be the light” (Tristano e Isotta i suoi protagonisti), il duplice feticcio di Laurie Anderson, prima alleggerita in chiave pop nelle trame riflesse di “This by the verse”, e poi quasi recuperata in toto nella sua robotica spettralità dal vocoder della onirica “Sleep”, il salto atmosferico messo in atto dalla ballata “Florence be kind to me”, dilatata nella sua narrazione quasi melò/trip-hop, l’immersione nella natura transistorizzata della splendida “Sapling tree” e, infine, gli estremi di questo viaggio rarefatto – l’opener “We are nine” e la conclusiva “The discipline” – curiosamente legati, pur nello loro differenti articolazioni ritmiche, dal medesimo magnetismo notturno di derivazione siouxsiana.
“You look different every time you come” cantava un tempo il barbuto fondatore dei Soft Machine poc'anzi citato: dati i presupposti ci piace immaginare che le molteplici trasfigurazioni emotive e musicali di questo disco, un giorno, potrebbero allietare anche lui.
---
La recensione Seasonal Beast di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-10 09:00:00
COMMENTI