Ska e folk "a uso merionale": il nuovo disco dei Molotov d'Irpinia
Alle spalle un disco d’esordio e diversi concerti in apertura ai live di Bennato, 99 Posse, Tarantapower, James Senese. I Molotov d’Irpinia, ancora più motivati che in passato, continuano a coniugare ska, rock e folk, gestendo una comunità pirotecnica di trampolieri dal passo lungo e controllato.
Il nuovo lavoro, tra dialetto, ritmi in levare, chitarre assemblate in un crescendo ritmico, sintetizza una musica in cui nessun elemento straborda dal contenitore; una confezione perfetta e prevedibile. Tuttavia i ragazzi pestano la terra del folk e, a volte, la sporcano con il sudicìo delle loro chitarre scanzonate, masticando dieci pezzi fino a cavarne una poltiglia di vino e saliva. Un lavoro dalle sonorità piene e luminose, come un giorno caldo d’estate in cui prevedi cosa accadrà ma che ti fa stare bene.
Ecco allora un flusso coerente di ritmi dall’attitudine franca che canta di terre martoriate dalla guerra dove è difficile amarsi e guardarsi negli occhi (“Quello che le televisioni non dicono”); di personaggi poco raccomandabili perché raccomandati, alla ricerca di un lavoro sicuro senza anima, alla cui grigia esistenza si contrappone la genuina vitalità di musicisti spensierati (“Mamma mah”); di pupazzi di fango e pianoforti giocattolo, di politici, politicanti, operai, mentre treni vanno e vengono e si è pronti per un nuovo viaggio (“Ami(t)anto”).
Quando la vita colpisce chi è meno fortunato e sogna il cielo dietro una grata arrugginita (“Cella n. 37”) c’è la musica a garantire salvezza, speranza e allegria. E quando giovani emigranti alla ricerca della felicità partono senza una meta, ascoltano la voce di un uomo antico che lascia la sua terra per trovare fortuna (“Suona ancora 2.0”): una terra calda, brulla, di braccia che tentano di afferrare le stelle e rimangono senza sogni (“A uso meridionale”). Restano solo i ricordi di bambino tatuati su ginocchia sbucciate da corse verso il mare, o la follia dei matti e degli ubriachi rispetto ad una finta devozione (“Piraterie musicali”).
Dal vivo queste tracce esploderanno in tutta la loro energia, regalando balli e canti a profusione; su disco si avvertirà, presumibilmente, una gioia vitale racchiusa in un piede che batte lo stesso ritmo dall’inizio alla fine.
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La recensione Padrone e Sotto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-04-03 00:00:00
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