Riecco Bestia, al secolo Mauro Da Re, con il suo armamentario di note sballate, di chitarre sbilenche e armonie sgangherate. “Eri bella” non sfugge alla regola: sei brani sconnessi e zoppicanti che però, a differenza del passato, provano ad abbracciare un minimo sindacale di melodia. La title-track è parecchio emblematica al riguardo, avrebbe potuto interpretarla Dente braccato dalla Narcotici, dimostrazione di come e quanto le sonorità che avevano attecchito alle vecchie produzioni del musicista veneto lascino il passo a una maggiore linearità. Non è una rivoluzione copernicana, più che altro si tratta di un piccolo aggiustamento: il suono, il mood, sono pur sempre riconoscibili, anche se un pelino meno sporchi (e psichedelici).
Bestia rimane aggrappato ai suoi amati supporti analogici, a quel modo artigiano di costruire canzoni, ad un blues malato, ai bicchieri di vino, alla campagna veneta, a una voce aspra e fieramente stonata, legata a testi tra il malinconico e il disperato. “Ver rason”, in dialetto trevigiano o giù di lì, è il pezzo più lisergico del lotto (e quello più vicino agli esordi), mentre “Lui chi è” traballa in modo incantevole: scivola, slitta, perde di equilibrio. E il bello è che per raggiungere certi effetti è bastato inserire le dita tra le bobine e piazzare qualche colpo storto. Potenza dell’analogico e di una lucida follia. E poi, se non è DIY questo!
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