Non c’è un punto interrogativo nel titolo del disco di Petrolio. “Di cosa si nasce” non prevede dunque un dubbio né un ripensamento: ciò che lo rende interessante è che ribalta le prospettive, non racconta il nichilismo della fine, ma quello che viene prima, ovvero le piccole, lentissime sconfitte quotidiane che tutto portano via. Petrolio esplicita questo (mal)umore di fondo prendendo in prestito una frase di Walter White per l’intro di “Vs:Us”: “Se solo fossi vissuto fino a quel momento… Non un secondo di più… sarebbe stato perfetto…”, dice l’attore Bryan Cranston doppiato da Stefano De Sando. Quel “sarebbe stato” è un verbo di portata universale, che ben si adatta al vissuto di chiunque, anche di chi non ha mai visto “Breaking Bad”.
“Eating Lights Slowly” ha un inizio drammatico ma sottotraccia, un pianoforte austero che pare venire fuori dagli intermezzi atmosferici di “The Fragile” dei Nine Inch Nails. Poi parte la botta, una sorta di noise sbriciolato in un flusso ambient, tra Tim Hecker e Yellow Swans. “Los Suburbios” per potenza e costruzione del rumore non è poi tanto distante dai Fuck Buttons. “La Mater de Odio” è il picco del disco, un pezzo devastante e ossessivo che poi scivola in un epilogo claustrofobico, che rende pieno merito al talento di Petrolio.
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