Suonare sanno suonare. E ci mancherebbe. Sono talmente tecnici e puntigliosi che, a tratti, ci si dimentica che quella che si sta ascoltando è musica e non una formula matematica. Musica per palati parecchio fini comunque. Palati abituati ai mille piccoli assaggi da nouvelle coucine (magari vegetariana che fa ancora più chic) piuttosto che alla sostanziosa e sanguinolenta grigliatona di carne old style. In questo “ è la quintina che mi incasina” , opera prima del ben assortito ensamble ravennate (10 elementi) che si nasconde dietro al nome di Ochtopus, è un po' come se gli Avion Travel invitassero a cena Morricone e, tra un escargot e una porzione di foies gras, si mettessero a discutere del sesso degli angeli. Troppo cerebrale? Direi proprio di sì. Ed è un peccato per gli Ochtopus perché poi (basta guardare la copertina del cd) l'immagine che vorrebbero dare di sé passa da coordinate opposte a questa. Le foto del booklet ce li propongono addirittura in versione scapestrata, banda da festa di paese, orchestrina fradicia di alcoliche nottate passate in bianco. Probabilmente è davvero quello l'immaginario a cui si ispirano (e a cui aspirano). Però, è chiaro, tra la polvere e il fango del mondo reale e l'astratto candore lineare del mondo delle idee ce ne passa (e coniare una definizione come “cerebral-folk” non mi sembra davvero il caso) . Già. Perchè un cd di 8 pezzi interamente strumentali non è che sia propriamente digeribile ai più (al popolo che balla sull'aia o in piazza cioè). Alcuni passaggi emozionano certo, per esempio (piccole) porzioni (per mantenere la metafora culinaria) di “ Arcobaleno di cartone” o “Sonata breve”
Però. Però manca decisamente qualcosa a questo lavoro. Manca quel quid che lo faccia, se non esplodere, per lo meno lasciare un segno: non dico una lacrimuccia ma almeno un battito del cuore in più sì. Non so. Così si rischia che, da un momento all'altro, Morfeo arrivi e si porti nel suo mondo anche l'ascoltatore più diligente.
Posso sperare che dal vivo lo spettacolo degli Ochtopus sia comunque trascinante (e il fatto che abbiano vinto un “on the road festival” potrebbe supportare codesta tesi). Altrimenti il primo consiglio (e anche il più facile e grossolano ne convengo) potrebbe essere quello di inserire un nuovo elemento alla band: 2 o più corde vocali. Forse con un cantato si potrebbe tirare in piedi un bel teatrino bislacco e surreale. Perché altrimenti così , davvero, tutto rimane etereo e sfuggente come la puzza sotto il naso di certi (insopportabili) snob. E sarebbe un peccato anche. Perché le capacità ci sono, gli alunni si applicano, ma. Ma questa volta è il professore che si annoia.
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La recensione E' la cinquina che mi incasina di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-04-23 00:00:00
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