La “Redenzione” di Lowlow si affaccia come una vertigine sul burrone della realtà
Il nome di Lowlow è noto ai più per lo spiccato talento nella scrittura, le particolari doti nel freestyle e nel passato delle battle, e non ultima per importanza la collaborazione con alcuni dei più importanti artisti del rap attuale di un certo tipo di scuola (Gemitaiz, Mostro, Sercho, Rocco Hunt, per citarne alcuni). Ma anche per un’inquantificabile spirito di competizione e una voglia di dimostrarsi il migliore che non ha precedenti. In senso positivo, perché farsi le ossa e conquistarsi un posto rilevante in queste fila lo ha portato a ultimare un disco in cui finalmente Giulio Elia Sabatello, classe ’93, raggiunge non solo la “Redenzione” morale e musicale ma anche un traguardo ambito quale quello di essere il primo rapper ad entrare nel roster di Sugar Music.
Merito di una personalità concentrata sull’ambizione, o del fatto che a lui “non piace nulla tranne vendetta e successo” (“Non c’è niente di più stupido di sognare”), nel primo progetto completamente solista dell’MC ci sono diversi punti che lo rendono davvero un ottimo disco, sia per le orecchie più pignole che per quelle abituate ad ascolti meno intricati.
La prima cosa è il dominare di un timbro vocale in 11 tracce che contiene più di un segno identificativo: oltre la chiara appartenenza territoriale alla capitale è anche la voce di una generazione di milioni di ragazzi che riversano in un solo microfono le paure, l’ansia, le emozioni, gli sfoghi e le storie di chi vive un disagio interiore da esprimere con nient’altro che il rap. Sicuramente in “Redenzione”, Lowlow è riuscito nell’intento di dire qualcosa di estremamente personale arrivando comunque a tante persone.
È un’esperienza particolare quella del viaggio nelle sue rime, una scrittura articolata e senza sforzo, intrisa di realtà quotidiana, di violenza (“Ulisse” e “Borderline” sono le più forti, emotivamente parlando, anche per la tecnica dello storytelling), e anche di omaggio alla scrittura d’altri (“Il sentiero dei nidi di ragno”, “Canto V”).
Un dialogo intimo non solo con se stesso ma anche con le presenze più vicine (un fratello o una ragazza). Il personaggio principale rimane sempre e comunque lo stesso Lowlow, che sia quello inquieto e paranoico di "Ulisse", una sorta di alter ego più violento, o che sia un “Io” più maturo soprattutto come artista, che sa di aver raggiunto un obiettivo importante e non lo nasconde nemmeno nei suoi testi: “la mia idea di vissero felici e contenti sono io che dormo solo con una borsa di contanti”, da “Redenzione”.
Le produzioni dell’album sono di altissimo livello, non solo perché opera di Fausto Cogliati (produttore anche di Club Dogo, Articolo 31 e Fedez) ma anche per la loro capacità di stabilire un equilibrio perfetto tra parole e musica. Un suono che risulta innovativo e sorprendente per la varietà dello stile di traccia in traccia, a volte di spiccata ispirazione ai primi 2000 (“Borderline” ricorda inconfondibilmente una “Cleanin’ out my closet” di Eminem), altre oscillanti sul pendolo newtoniano tra la nuova e la vecchia scuola con apprezzabili digressioni nel pop.
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La recensione Redenzione di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-09 09:00:00
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