Il bosco racchiude molte storie: un po’ fatate, favole di magia semplice che, se ci credi, può soltanto migliorarti l’umore, può apparire il sorriso che è tregua temporanea e necessaria. Scivolare nelle visioni fantastiche e surreali di Lucio Corsi è proprio come attraversare quel bosco, fermarsi un poco e osservare una fauna che incrocia miti e leggende per diventare protagonista di racconti bizzarri, puri, di una leggerezza che ha un suo peso, una trama delicata ma fitta.
Una Maremma stralunata e luccicante di piccoli sogni ospita un cantastorie silvestre che, con voce dritta e sicura, ti convince dell’esistenza di lepri sulla luna e mazzi di istrici al posto dei fiori, di un movimento punk nella foresta e che i cinghiali sono poesia: e la poesia è la chiave di ogni brano, una scrittura densa di parole, esatta nel suo intrecciarsi tra ciò che è vero e ciò che non lo è fino a cancellare il confine tra realtà e fantasia. Perché quel che conta è sedersi e ascoltare, magari affacciati alla finestra quando fa buio, e immaginare, oltre le luci dei lampioni, un musical dove animali selvatici danzano e compiono avventure mirabolanti, si incontrano per un giro di valzer o per condividere aneddoti, eroi di una natura spesso dimenticata.
La cifra stilistica di Corsi è chiara, pulita, sorprendente nel suo modo di esporre, come quei tipi al bar che raccolgono intorno a sé un crocchio pronto a lasciarsi travolgere da un fiume di meraviglia, come un bambino che sussurra dolcemente la sua verità, quella che soltanto lui conosce, verità spolverate di incanto, possibili in mille altri universi, e se esistono non si sa.
Il suo tratto esemplare parte da una fluente marcia verbale sostenuta da una chitarra acustica, che lascia entrare poi gli altri strumenti in un arrangiamento che accompagna ogni frase tenendola al caldo, avvolgendola con cura. Ogni brano è un pezzetto di cielo, una briciola di autunno, un morso di tramonto. Le qualità già evidenti nel suo esordio qui acquistano forza e spessore, e l’idea di un concept bestiale ha il fascino essenziale di una perla che conquista al primo ascolto, tra civette condannate a tristi presagi, capaci di illuminare la notte col chiarore inquieto degli occhi, volpi che mangiano i gelati lasciati dai bambini e bocche di lupo pronte a salvarci in ogni momento.
E mentre le lucertole stringono un patto con le case di pietra per garantirsi il tepore del sole, l’upupa s’alza in volo come una regina, un po’ punk e un po’ zebra, e non rimane che allontanarsi dai fumi e dall’asfalto, camminare tra gli alberi col rumore delle foglie e della terra sotto ai piedi, trovare un posticino comodo e chiudere gli occhi per immaginare lo spettacolo raccontato in “Bestiario musicale”. In fondo, il bosco racchiude molte storie: reali oppure no, che importa, quel che conta è la tregua, la sorpresa e il fiume di meraviglia.
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