"La sottrazione della gioia", un disco che mette pericolosamente in dubbio la propria felicità.
"La sottrazione della gioia", titolo della seconda fatica discografica del cantautore catanese Cambogia, è un album il cui ascolto costa molto. Il prezzo? La separazione momentanea dalla propria felicità. Occorre infatti essere disposti a disfarsene prima di avventurarsi nei territori definiti dalle tracce di questo disco, per non rischiare altrimenti di esserne privati contro la propria volontà.
Le dieci canzoni che danno forma all'album, giocano in maniera molto astuta con il vissuto di ogni persona, evocando, mano a mano che si procede con l'ascolto, il ricordo di vecchi amori che si volevano scordare o la nostalgia degli anni della giovinezza, riuscendo poi a far emergere quei vuoti cosmici che non sono che il prodotto di una vita divenuta banale. Questo non deve però intimorire il potenziale ascoltatore che si appresta ad immergersi nel disco. Al contrario, occorre buttarcisi dentro ad occhi chiusi, senza avere paura. Pochi autori riescono nell'ardua impresa del trasformare un flusso di coscienza in poesia delle piccole cose, di riuscire con poco ad evocare un tutto: Cambogia è uno di questi ed il suo lavoro non deve assolutamente essere ignorato.
Ne "La sottrazione della gioia" avviene, utilizzando un paragone con William Blake, il famoso passaggio dallo stato dell'innocenza a quello dell'esperienza. Quell'esperienza che annichilisce gli impulsi che ci sospingono verso facili felicità per lasciarci di fronte alla vita, quella vera. Quella vita fatta di impegni, di scadenze, di responsabilità. Un passaggio costretto e segnato da una tracklist abilmente strutturata: dalla giovinezza spensierata de "Il mare non è niente di speciale" (primo singolo estratto dal disco, nonché traccia di apertura dello stesso), si passa alla maturità di "Millenial", nella quale il sole della giovinezza lascia spazio al diluvio dell'età adulta. O ancora, dall'innocenza e transitorietà dei primi amori, raccontati in "Adolescenza tropicale", si passa a canzoni come "Mentana", dove le relazioni sono ormai divenute mature e difficili da gestire.
In questo viaggio Cambogia non ci lascia però naufragare in balia di un futuro burrascoso, regalandoci invece la forza di andare avanti con ancora più coraggio e determinazione. Alla fine di ogni brano, infatti, è possibile cogliere alcuni piccoli spiragli di salvezza dati dalla consapevolezza del fatto che, alla fine, si supererà tutto. Poiché si sa, per quanto la vita possa sembrare difficile, ci sarà sempre qualcosa o qualcuno pronto a renderla più semplice.
I testi delle canzoni conferiscono, assieme alla musica, un taglio prettamente giovanile al risultato finale del disco, raccontando episodi della vita quotidiana senza scivolare in una complessità di linguaggio che li priverebbe della loro intrinseca semplicità. Sotto il profilo musicale invece, pur con un impiego abbondante dei sintetizzatori, marchio di fabbrica di ormai molti artisti della scena musicale italiana, Cambogia riesce a distinguersi nettamente grazie ad un sound peculiare che, in un certo senso, trascende il filone musicale seguito negli ultimi tempi. Quello di Cambogia si potrebbe definire infatti come una sorta di Lo-fi "fittizio", in quanto, nonostante la distanza da sonorità artificiose e complesse, emergono in modo chiaro l'attenzione e la cura riposte dall'artista nei suoi arrangiamenti, mai scontati o banali.
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La recensione La sottrazione della gioia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-15 00:00:00
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