Un disco che tra una cassa e un rullante intende provocare riflessioni negli ascoltatori.
La pòlis è, per chi di voi non avesse frequentato la terza elementare, un particolare tipo di città-stato che fu orgoglio della cultura greca in età classica. Per capirci, l'Atene di Pericle, Socrate e Platone fu una pòlis. Citare due filosofi e un politico è il minimo, perché sono questi i riferimenti che muovono la scrittura di Resho. L'approccio alla politica è uno dei primi temi che s'incontra insieme all'antifascismo, al desiderio di un nuovo illuminismo, all'assurdità della violenza. "Confessioni di un artista di merda" è tra le tracce migliori ed è particolarmente efficace il modo in cui la voce si fa sempre più roca e aggressiva man mano che tale raccontarsi va avanti.
Quello che ben riesce a Resho è una certa chiarezza nell'esposizione: a differenza di chi si lancia in un rap militante e risulta spesso approssimativo, banale, dagli orizzonti pochi chiari, il nostro riesce qui a esprimere completamente il proprio punto di vista e in modo efficace. I due story-telling non risultano efficaci tanto quanto i momenti in cui Resho parla di sé o di come vede le cose, ma si lasciano ascoltare e mantengono una certa aderenza al resto del lavoro.
Obiettivo di questo disco è allora quello di far muovere le teste, sì per il boom bap (la cassa e il rullante accompagnano Resho durante tutto il lavoro) ma anche e soprattutto per la serie di argomenti che vengono lanciati contro l'ascoltatore ("Canto per riequilibrare la coscienza degli umani" afferma ambiziosamente Resho nel Prologo) che, siamo sicuri, necessiterà ben più di un ascolto per assimilare quanto viene esposto. Ecco allora che ben si comprende perché Pòlis: Resho cerca sempre un confronto diretto e non ha paura di esporre le proprie tesi con calma e misurata a chi è pronto ad ascoltarlo.
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La recensione POLIS EP di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-05-11 00:00:00
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