Un disco che, rispetto all'esordio del 2014, corregge la rotta e ci sembra decisamente più ispirato.
In momentaneo congedo dal progetto madre (quegli X-Mary già ampiamente lodati in diverse occasioni, proprio su queste colonne), Cristiano Alberici ritorna sulle scene con la sua creatura solista dopo l'esordio del 2014 intitolato "O barche che bramate la Tempesta, come questo porto è tranquillo". Esordio che ignoravo e che ho prontamente recuperato, affinché potessi valutare il grado di evoluzione della proposta. Ebbene, a dispetto della buona (a tratti ottima) riuscita di questo secondo episodio, l'opera prima continua a non convincermi: troppe sfumature, troppi ingredienti e tanta confusione. Vero è che con gli X-Mary la cifra stilistica non differisce molto da questa formula, ma alla fine di ogni loro disco si riesce sempre e comunque a trovare un senso.
Questo album omonimo riesce a trasmettere la stessa sensazione - e non a caso trova molti punti di contatto con i lavori del gruppo madre: dagli arrangiamenti sbilenchi (come sanno fare solo loro) ai testi quantomai strampalati. Stavolta però, nel percorso solista di Cristiano, le canzoni raccontano spesso (e volentieri?) di alcune dinamiche del rapporto di coppia; concedete ad esempio un ascolto attento ad "Abituarsi" e a "Buio", che richiamano il mood di Lucio Battisti del sodalizio con Mogol - fatte, ovviamente, le dovute proporzioni.
Tutto il resto (o quasi) sembra essere invece preso in prestito dal sound dei Pixies: al netto delle liriche, a sentire "Fabolous", "La porta", il super-singolo "Bot" e "Dalla finestra", la sensazione è che, tra una session di registrazione e l'altra, in studio si ascoltasse a manetta "Doolittle" (soprattutto) e "Come on pilgrim".
Per cui tantissima stima per le fonti di ispirazione ma anche bravo Cristiano per il risultato finale, che ha saputo correggere la rotta e che ci pare sicuramente più ispirato dell'esordio.
---
La recensione hofame di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-07-06 00:00:00
COMMENTI