Per chi non sapesse chi è Bruce Harper (ma c'è veramente qualcuno che non lo sa? Chi sei? Sei una brutta persona), trattasi dell'amico di Holly in Holly e Benji che, da imbranato difensore della Newppy/New Team, alla fine diventa bravo e gioca anche in nazionale, grazie a testardaggine, impegno e dedizione.
A pensarci bene, l'elettronica è un po' la bruce harper della musica, perennemente obbligata a dover dimostrare qualcosa, a lottare per giocare nello stesso campionato del “rock”, a cercare di far capire ai soliti apologeti del virtuosismo che non è lo strumento (o la velocità con cui si suona) ma l'idea.
Ad ogni modo, il (post)rock elettronico dei Bruce Harper è decisamente più centrato e consapevole dei propri mezzi rispetto al personaggio, ma non meno caparbio e appassionato nel cercare una propria via per esprimersi. Lo fa inoltrandosi in un “landscape” immaginifico e dark animato da “fluo rites”, riti tribali dai colori accesi e ipnotizzanti, fra math, elettropunk e sghembissimi sprazzi di jazz.
E così, senza sbavature e senza troppi fronzoli, con la grinta di chi non intende morire panchinaro, il disco va dritto all'obiettivo, e lo centra.
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