Perfezione della classicità, blues caldo e pastoso che riesce a non annoiare anche i non appassionati del genere.
Mescolando il blues in una soluzione di pop-rock melodico al 20% e amalgamandolo poi ad un impasto di strumenti della tradizione americana, il tutto arrangiato a dovere, nasce "The Dust I Own", primo disco di Andrea Laino alias Laino.
Accompagnato dal batterista e percussionista Gaetano Alfonsi alias The Broken Seeds, Laino sgrana il rosario del più religioso roots blues suonato con chitarra resofonica, e incide sul legno 9 brani adatti ad accompagnare un rum scuro e una tavoletta di cioccolato extra amaro. "La polvere che ho", ovvero l'elemento che sta alla base della vita, per plasmare con la saliva un uomo che suona canzoni popolari, con classe e flow propri di quel delta del Mississippi che tanto ha ispirato la black music dell'era del cotone.
Non solo di tradizione è fatto questo disco però: le basi sono quelle, poi ci si perde nei tempi spezzati e le distorsioni di "Fate of a Gambler", dove la chitarra si lancia in un giro veloce pieno di fuzz, all'inseguimento di un ritmo indemoniato; lo stesso mood si ritrova in "Can't Wake Myself Up" anche se con un piglio più divertente e saltellante. Laino è un vero bluesman, canta con le parole masticate e digerite, suona la chitarra alla Adriano Viterbini e questo già basta per capire di che pasta è fatto, anche se l'atteggiamento e l'aura da busker gli conferiscono un'apprezzabile connotazione zingara.
La classicità di brani come "Boogie Tale", la semplice "What Once Was Dead" e la conclusiva "Pay Day" mostrano la smisurata e comprensibile devozione per Robert Johnson, quella maliconia scura che sarebbe un guaio mancasse in un disco blues. Le note di sousaphone, fondamentali in "On The Wood" ma puntuali anche in "Old Tape of Memories", suonate da Mauro Ottolini, aggiungono colori circensi a brani che altrimenti finirebbero per essere riempitivi nella totalità del lavoro.
Solitudine e perfetta melinconia condiscono la pietanza "The Dust I Own", un album decisamente ben eseguito e arrangiato, armonico tra vecchio e nuovo, poco originale nell'idea ma impeccabile nella messa in atto. Non è dato sapere se il futuro di Laino and the Broken Seeds si tingerà di sperimentazione ma nel frattempo ci si gode il vecchio blues.
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La recensione The Dust I Own di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-05-04 00:00:00
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