Torna la garage band bergamasca con un altro lavoro di beat ruvido, percussivo e cattivissimo
A due anni dall’esordio di “Penna, Tornio e Salame”, Le Muffe ritornano con un nuovo album col quale proseguono il proprio assalto sonoro: quello di un energumeno col caschetto e camicia paisley che ti bastona con una clava mentre in sottofondo riecheggia cupo un rito voodoo.
Ormai sepolti nei cassetti della storia del costume gli anni sessanta con i loro capelloni, la Summer of Love, le illusioni lisergiche di peace & love e il “grande prato verde dove nascono speranze”, il beat de Le Muffe canta la claustrofobia e l’alienazione metropolitana, il buio freddo della notte e il mazzo di rose sgualcito gettato nel cassonetto all’angolo della strada. “Brucio in fretta i quadri e i fiori, solo un’ora fremo e via, fornisco i versi a pietre per l’eternità, son sotto mille metri in profondità”, cantano, chiarissimi, in “Bordereau”.
La band bergamasca propone 12 brani autografi di garage beat, basati su un’ossessiva sezione ritmica di matrice blues, con un prepotente organo Farfisa che sferraglia riff a profusione, un vocione sgraziato che ruggisce in italiano e cori compatti di derivazione street punk. Un lavoro denso e cattivissimo, singolare e persino disturbante che, pur ricco di svariate influenze, non paga il tributo a nessuna in particolare di esse.
Nello scorrere dei 37 minuti che compongono il disco, chi ascolta viene gettato inerme nel mezzo di un rumble in the jungle in cui si azzuffano Bo Diddley, gli shouters dei campi di cotone, certo immaginario proto-punk new yorkese fatto di eroina e prostitute, il dadaismo, la spietatezza parossistica di fumetti underground come “The Fabulous Furry Freak Brothers”, la psichedelia più caotica dei 13th Floor Elevators, il gusto cinico per il kitsch, il tribalismo dei Cramps, l’aggressività dei 4 Skins e anche l’anti-intellettualismo in rima baciata degli Skiantos.
Concludendo, “Fuoco e Fiamme” è un lavoro veramente duro, ruvido, ossessionato da immagini lugubri e, in sostanza, lontano mille miglia sia dai cliché sorridenti del revival beat nostrano sia dall’oramai abusato prototipo da b-movie di discendenza Fuzztones: è il caos della modernità costretto in versi, bisogna avere le spalle forti per tollerarne il fardello.
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La recensione Fuoco e Fiamme di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-05-05 00:00:00
COMMENTI (1)
Figata. Devo averlo. Dobbiamo beccarci assolutamente