Che paura la televisione. Se Maurizio Costanzo in realtà fosse un vampiro e Giancarlo Magalli uno zombie, Iva Zanicchi si trasformasse in strega, a Uan crescessero 8 occhi, il terrore che normalmente la tv genera sarebbe giustificato, ma queste figure malefiche esistono solo sulla copertina di "Tubo Catodico", il nuovo disco de La Macabra Moka, e la paura rimane solo dei contenuti.
Nero ed estremamente potente, questo disco aggredisce diversamente dalla tv, solo con il suono ha la capacità di stendere al suolo e provocare disagio generando immagini confuse, che si sovrappongono troppo velocemente per essere distinte, creando mostri troppo effimeri per averne effettiva paura, sono macabre sorsate di caffè. Matura e geniale nella composizione, questa band piemontese ha raggiunto, solo al secondo disco, una complessità nei brani ed una bravura da fare invidia a molti gruppi noti come Fast Animals and Slow Kids o Gazebo Penguins, riuscendo ad aggiungere, con testi originali e ficcanti, atmosfere surreali e tragicomiche da brivido.
Corposità e sostanza hard-rock sin dalle prime note di "Radio fa", primo singolo estratto dell'album, che rimane nello standard della canzone rock, con dentro però un testo furbo e bastardo sulla situazione delle radio in Italia, le urla che si alternano al cantato, si contrappongono alla comica mielosità di certi meccanismi tra speaker e ascoltatori delle radioemittenti.
Una forza compressa e cruda si avverte lungo la tracklist di "Tubo Catodico", da "7 Volte Capra" dove l'ispirazione al Teatro degli Orrori è chiarissima, a "Col Cerino in Mano", più vicina a FASK e Ministri, con il link all'ironia costantemente clikkato. Affilati e spiritosi, in una parola cinici, La Macabra Moka non va per il sottile se si tratta di arrangiare e sputtanare situazioni che già di per sé sarebbero surreali. "Tormentone d'estate" ad esempio, è il lato stoner ad emergere, mentre si dileggiano il Festivalbar, e le canzonette catchy che tempestano sempre e comunque. In questo disco però non ci sono solo potenza e ironia, "Piove governo ladro" e "La parte degli angeli" (feat. Federico Chiapello), si ascoltano anche momenti riflessivi e belle progressioni strumentali; nella prima è solo la pate musicale a coinvolgere, tre minuti di temporale strumentale che pian piano si alza e grida senza parole, nella seconda un testo ed un'atmosfera decisamente verdeniani, cullano e distendono.
Il finale è il più macabro possibile, parte la batteria e subito si materializza quell'incubo raffigurato sulla copertina: la Zanicchi, Magalli e tutti clichet mediatici, centrifugati in un Rocky Horror Tv Show che non vorremmo mai esistessi. I tempi si spezzano e le chitarre sono sempre più veloci, la paura di essere fagocitati cerebralmente se quell'"sesamo" si aprisse e poi ci si chiudesse alle spalle per sempre, sarebbe molto meglio morire.
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