È vero che nella vita non ci sono certezze ma quando esce un nuovo lavoro di una band seminale del punk rock italico come le Cattive Abitudini di certezza ce n’è sempre almeno una, che si potrebbe riassumere nello slogan “punk’s not dead”. Lo scopo dichiarato della band veneta è infatti quello di portare avanti la tradizione del più puro punk tricolore e con questo “20:3” riesce a farlo ancora una volta senza scalfire mai neanche minimamente la rabbia e l’adrenalina degli esordi. Ti aggredisce la voce ruvida, nasale e vigorosa di Ettore, si scatenano i ruggiti delle chitarre distorte di Stefano e ti scaraventa tutto violentemente addosso il sostenuto impianto ritmico costruito da Michele (basso) e Nicola (batteria), attraverso tredici pezzi veloci, sporchi, melodici ma con testi taglienti, che travolgono in una grande festa hardcore in cui non c’è solo birra, musica ad alto volume e pogo selvaggio ma anche “sangue, lacrime e sudore”.
Si può dire che, eccetto l’intro che dà il titolo all’album (che nei suoi nove secondi inaugura l’ascolto con un conto alla rovescia che si “impalla” volutamente sul 6…6…6…), “20:3” è un’intera playlist di inni di quelli che ti entrano dentro al primo ascolto e ti impongono di cominciare ad urlare subito tutti i ritornelli, difficile perciò scegliere quelli oggettivamente più rappresentativi, benché forse l’intensità di “Funerale per un amico”, il cambio d’atmosfera de “Il posto sbagliato” (che si apre come una ballad malinconica ma poi esplode con tutta la sua energica aggressività) e “Sparirò”, perfetta da intonare in coro in sede live, possono esser ritenuti un tantino superiori agli altri.
Cupi, incazzati, inquieti, spesso riflessivi, i quattro spregiudicati e irriverenti rocker sono riusciti a produrre ancora un album sincero, con pezzi che fanno spesso risaltare i toni di grigio e di nero sulla colorata tela punk di fondo. Peter Punk è cresciuto ma non perde mai le sue splendide “Cattive Abitudini”
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