Terzo demo per i trevigiani Metrognomi. Sei brani originali più due cover che evidenziano la direzione presa dalla band: quella di un pop elettronico irrobustito da chitarre distorte e suoni “sporchi” di synth. Più che dai Subsonica, la formula dei Metrognomi pare discendere dall’electro Albione che fu di Dead or Alive ed è ancora dei Depeche mode, autori delle cover qui presentate. Non si tratta di riferimenti esclusivi, perché il suono metrognomico tiene conto di due decenni di avvicinamento tra elettronica e canzone: per cui metteteci anche i Klf, i Primal scream e quant’altri vi vengano in mente.
Il suono c’è, e non si discute. Le canzoni dei Metrognomi pure, in un certo senso: strofe e ritornelli come si deve, orecchiabili e con tutte le loro cosette a posto, anche se si possono definire di buon artigianato. Insomma, carine, ma non tali da distaccarsi dalla massa, pur collocandosi in fascia medio alta. Manca loro - insomma – la zampata vincente, la capacità di graffiare che ti fa venire la voglia di tornare a loro, pur essendo sempre piacevoli all’ascolto e anche facilmente memorizzabili: si segnalano, in quest’ultimo senso, “Neon” e “Pr”.
Oltre a questo difetto – chiamiamolo così - di scrittura, quello che non funziona è il connubio tra canzoni e suono. I Metrognomi cadono in un’ingenuità che capita spesso a chi si avventura nel difficilissimo territorio della contaminazione tra elettronica e pop. Non basta, ahimè, scrivere canzoni e rivestirle di un arrangiamento electro rock. Quando si contaminano questi generi, visto che come recensore devo dire per contratto coi lettori il mio parere, bisogna ripensare il modo stesso di pensare una canzone, per quanto si rimanga nelle stesse strutture. Mi pare che questo ripensamento – difficilissimo - non sia avvenuto. E l’impressione è quella che ci siano delle canzoni carine, ma debolucce, rivestite di un’armatura da superobot giapponese.
Non se ne abbiano a male i Metrognomi: hanno scelto una strada difficile, e non avere ancora centrato l’obbiettivo (sempre ammesso che il loro obbiettivo sia quello che a me pare) non significa avere fallito. Fare musica, infatti, non è centrare un bersaglio con una freccia. Ma camminare per strade sconosciute che si suppone portino alla meta desiderata. Per scoprire magari nuove mete durante il viaggio. Alla prossima, dunque.
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La recensione Nicotina sunrise di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-02-28 00:00:00
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