Quando l’attitudine e la compattezza di un gruppo riescono ad andare al di là di alcune leggerezze di produzione per via di suoni talvolta un po' amatoriali e di una pronuncia inglese non sempre così impeccabile, si può godere ugualmente di un album in pieno stile indie pop come lo è "Werever" dei The Wer. Pertanto le referenze della band romana passano il testimone dai classicismi dei The Strokes, ad altre correnti statunitensi di stampo più elettronico come Grouplove, Passion Pit, Saint Motel e Foster the People.
“Waves” racchiude bene il passo del gruppo, portando elementi tipici del genere, quali i canonici cori aperti sul ritornello e i repentini fraseggi chitarra, tanto leggeri da lasciare maggiore respiro alle contaminazioni dei synth, tastiere e drum machine volutamente artificiosi rispetto alle prime produzioni del gruppo.
Dalle evidenti qualità di produttori e arrangiatori, i quattro musicisti, capaci di trasmettere la medesima energia in tutti i pezzi, peccano sopratutto per la ripetitività compositiva della struttura delle canzoni, in contrapposizione alla scelta delle basi abbastanza innovative. Un limite che va invece a favore di una costante dinamicità nelle sonorità mai spigolose, e portando in dote tracce come l’accattivante “The Back of My Mind”, in grado di scansare definitivamente la chitarra elettrica dal ruolo di protagonista, affidando all'elettronica il solo delle tastiere e al vocoder il particolare effetto sulla voce.
Come dal titolo più etereo, “Floating” attraversa una fase meno leggera del disco, andando a toccare atmosfere più vicine alla chillwave. Tuttavia la band è ormai consolidata su una linea guida più spensierata, e presto torna il sollievo di “Sydney” con l'ormai nota impronta dell'album, furbescamente melodica.
Il groove di “A89” porta un’ulteriore peculiarità alla produzione seppur in un pattern più affine al mondo della trap, distogliendo parzialmente l’attenzione a una variazione sul tema non così a fuoco come nel resto del disco.
Al netto di alcune timide intuizioni nel gioco finale delle tastiere di “Fairytale of a Fleeting Peek”, "Werever" ci lascia così com’è iniziato, sempre orecchiabile e mai gravoso, trasportando i The Wer dal puro indie rock a ispirazioni meno conservative uscendone brillantemente indenni.
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