Ella Goda è il criptico nome che i bergamaschi Brian Zaninoni, Sebastiano Pezzoli e Marco Towers hanno scelto per presentare il frutto degli ultimi 4 anni passati a scrivere e comporre. Anni che si condensano in un disco self titled, uscito per la Bulbartworks, di puro power pop. Dieci tracce che lasciano facilmente intuire i vari e differenti ascolti di tutti i membri della band: si pesca un po’ dal brit pop, un po’ dal punk, tantino dall’indie italiano dello scorso decennio, ma alla fine il risultato è senza dubbio originale. “Ella Goda” è un disco complesso nella sua semplicità, che trova nell’ottima produzione dei suoni e nella melodia la sua forza.
Testi che raccontano emozioni, storie e sensazioni molto dense in una curata ricerca della forza espressiva delle parole, benché la caratterizzazione metrica e del cantato di Brian Zanoni ponga l’ascoltatore in una situazione di out-out: lo ami o lo odi, senza vie di mezzo. Chitarre crunchate dal sapore d’oltremanica e arrangiamenti di pianoforte impreziosiscono una sessione ritmica precisa e ben strutturata.
Il disco si apre con “La Cura Schopenhauer”, tra i migliori brani dei dieci, scelto anche come singolo di lancio. Il pezzo richiama tutto ciò che di buono c’è nell’album: ottimi suoni, un testo intrigante e melodie orecchiabili. Insieme a questo brano, “Quattro Anni”, “Uomo e Cosa” e “Anni Luce da Te” si attestano come i migliori dell’album, a discapito di altri malriusciti esperimenti arrangiativi come “Canzone Apotropaica” e la breve “Le Attese Bruciano”.
In definitiva, “Ella Goda” è un ottimo disco d’esordio, che strizza l’occhio al pop commerciale riempiendolo di significato e di buon rock.
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