Attendevo questo disco con troppa emozione. Quella che si dedica solo alle cose davvero importanti. Forse per questo lo affronto con una forma di soggezione, avendo sempre considerato i Perturbazione come un piccolo rifugio. Qualcosa per riprendersi il buon umore o rendere più dolci certe lacrime. Finalmente tornano a fare la cosa che gli riesce meglio: scrivere canzoni. In passato ne hanno scritte di bellissime, alcune addirittura epocali. Ora si rimettono in marcia per aggiungere un tassello ad una carriera che ormai ci riguarda tutti. Perchè i Perturbazione sono "nostri". E' musica che appartiene a coloro che si ostinano a frugare nei dettagli. Storie ed emozioni che diventano tesoro privato di chi ha la pazienza di rovistare nella confusione senza fermarsi sulla superficie. "Canzoni allo specchio" è l'ennesima dimostrazione di una bravura che in Italia ha pochi confronti, eppure stavolta c'è qualcosa che non va. Siamo indubbiamente di fronte ad un disco importante, però manca qualcosa. Ascolto e riascolto, ma la sensazione che stavolta i Perturbazione possano trovare il definitivo successo, si accompagna alla convinzione che in questo disco non ci siano canzoni in grado di segnare indelebilmente le giornate come aveva fatto "In Circolo".
Rispetto al passato, appaiono oggi più maturi e riflessivi. Mantengono intatta la voglia di giocare, ma sembrano aver puntato dritto un obiettivo, prendendosi maggiormente sul serio. Meno timidi e più perentori, mettono nuovamente in gioco il loro perfetto connubio di pop e canzone d'autore, continuando ad ammirare Morrissey, ma imponendo uno stile ormai così riconoscibile da diventare punto di riferimento.
Il disco è un marchio di fabbrica, dalla prima all'ultima nota. Istinto ed emozione intrecciati con eleganza. Tanti ritornelli appesi su quel canto sussurrato e monotematico, eppure inconfondibile. Suoni dolci ed estremamente caldi, come nelle grandi canzoni di Gino Paoli. Quelle chitarre sempre al confine tra docile e ruvido, un po' come gli Smiths, un po' come i Rem. Un po' come i Perturbazione. La viola ad addolcire l'ambiente e l'ironia a strapazzarne la seriosità. Le delicatezze ritmiche, i riflussi orchestrali e quei saliscendi armonici un po' trascinati. E poi tante parole. Talvolta così belle che potrebbero essere scritte sui libri di testo, come quelle de "Il materiale e l'immaginario", brano che chiude un disco quasi circolare, per tematiche ed emotività. Un disco fatto di canzoni che si spingono e si completano.
Dai rimpianti di "Dieci anni dopo" alle balugini di ricordi lasciate da "Quattro gocce di blu" su un fondo di un bicchiere, trapela un intimo tormento esistenziale che si rivela ascolto dopo ascolto. Un fondo di amarezza misto a quel romanticismo tutto loro. Quello nascosto in un abbraccio a pelo delle stelle, quando la saliva resta appesa al palato in attesa di un bacio. Quello un po' sdolcinato, che quasi ti vergogni a raccontare. Quello che spesso fallisce e ti fa dubitare così tanto della gente che arrivi a preferire le bestie di "Animalia". Così, in un mondo in cui le persone diventano tanto vigliacche da nascondersi dietro un sms, i Perturbazione compongono "Se mi scrivi", forse il loro brano peggiore, ma probabilmente la canzone pop dell'anno. Max Pezzali la invidierebbe, nonostante la scelta del primo singolo sia caduta su "Chiedo alla polvere", grazioso punto di partenza per riproporsi senza esporsi.
A far compagnia ai Perturbazione, anche le due voci dei Baustelle e la chitarra di Jukka dei Giardini di Mirò. Completa la lista di personaggi esogeni Paolo Benvegnù, manovalante per cori e chitarre, ma presente soprattutto nella veste di produttore artistico. Il suo lavoro è tecnicamente eccelso, ma le emozioni ne escono talvolta ammutolite. Non si può spargere ovunque la brace di un camino per riscaldare una casa.
"Canzoni allo specchio" è forse destinato a diventare uno dei dischi più significativi di questa annata, ma non è come avrebbe dovuto essere. Poche lacrime, pochi sorrisi. Un po' di noia. Molta bellezza, ma non abbastanza.
E' strano restare delusi da un ottimo disco.
Qualcuno diceva che la perdita è la misura dell'amore. Questo disco è bello, ma mi manca qualcosa. Forse li amavo troppo, ma nel mio mondo migliore loro continuano ad esserci. Certo, chiunque li conosca comincerà ad esplorare il disco e chiedersi "dov'è la nuova Agosto?". Purtroppo non c'è. Ma è bello sapere che ci sono loro.
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