Un bar nella periferia di Milano, uno spritz e tanto Canada.
I trent'anni sembrano essere un'età particolare, un'età in cui nel bene o nel male si tira un bilancio della propria vita e s'inizia a guardare al poi, magari anche con un certo desiderio di stabilità in mente. Quella dei trent'anni è un'età che porta con sé un po' di nostalgia, dovuta forse alla tensione emotiva che si prova: si è ancora giovani, si è già adulti, non si è completamente né i primi né i secondi. Non serve stare qui a citare questo costante richiamo agli 80s che improvvisamente ci permette di rivalutare le tute in acetato da seconda ora d'educazione fisica, basta pensare piuttosto a "Classe 85", brano che apre il disco e che tramite una serie di immagini piuttosto definite richiama il periodo dell'innocenza ormai perduta. A testimoniare la distanza temporale di questi anni passati basta una sola frase: "le nostre cose sono diventate vintage" canta Entics, una constatazione semplice, sintetica che già sembra voler anticipare il bilancio che questo disco e questi trent'anni vogliono essere.
L'approccio di Entics alla musica è schietto, diretto, persino orgoglioso in più di qualche passaggio. Su tutti, uno dei singoli che ha anticipato il disco, "Siamo noi stessi", si rivela essere una presa di posizione chiara e inconciliabile: "Io non do più confidenza / diffido dalle apparenze / tanto per fare due righe diventano tutti puttane" canta il Soundboy su una strumentale, prodotta da Nais, che richiama fortemente le sonorità canadesi che da ormai anni dettano le regole del r'n'b contemporaneo. Una dichiarazione d'indipendenza che ben si lega a un brano come "Ripresentiamoci", brano in cui è la necessità di avere qualcuno di cui fidarsi il perno del processo amoroso; un processo che, si sa, è lento e faticoso quanto forse necessario. Ecco allora che torna di nuovo quella tensione citata all'inizio: la necessità di costruire qualcosa ma allo stesso tempo ritrovare "il primo ciao, il primo sguardo, il primo bacio".
La scrittura di Entics si è affinata negli anni e spicca un occhio di riguardo alla musicalità; nonostante il disco spazi tra house, r'n'b, trap e dancehall, innegabile rimane la coesione che la voce di Entics riesce a dare all'intero progetto. A voler riassumere sinesteticamente l'album può pensarci un aperitivo, in un bar di Baggio: c'è un background urban che è forte e ben emerge in tutto il lavoro, non manca però una certa freschezza che ben si presta a far scorrere l'album in un momento di leggerezza.
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La recensione Purple Haze di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-06-19 09:00:00
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