Giovanissimi, scazzati e sconvolti, i vicentini Freez propongono un lo-fi garage divertente, sporco e freschissimo.
Giunti al secondo ep, approfondiscono la ricerca della propria personalità musicale inoltrandosi nell’arduo sentiero di un blues scarno e totalmente calato nella quotidianità moderna. Non è un’opera di recupero e passatismo, ma assolutamente specchio di questo tempo e dell’alienazione dei diciannovenni che l’hanno concepita, suonata e prodotta. Storie sballate, retrogusto psichedelico, nessun odio da urlare e nessun nemico contro cui scagliarsi: solo la propria vita da vivere tra scuola e sala prove e la propria erba da fumarsi in camera.
Stilisticamente i cinque brani che compongono il lavoro sono discendenza diretta della disperazione di Jay Reatard, della California paranoica di Ty Segall e, per il tramite di quest’ultimo, della decadenza sbrilluccicante del glam rock di Marc Bolan. Ma “Routine” è un disco blues fino al midollo che l’attitudine Do It Yourself colloca decisamente sulla strada contorta e distorta tracciata dal Billy Childish sia solista che delle produzioni insieme a Dan Melchior e Holly Goligthly.
Quello che, da parte nostra, a questo punto auguriamo al combo è di perseverare in questo percorso, anche deviandone la traiettoria ogni volta che lo ritengano opportuno, poiché hanno dimostrato che la materia grezza su cui lavorare è sostanziosa ed è di qualità. E che, anche grazie a band come i Freez, il rock'n'roll smetta di essere concepita come musica per nostalgici.
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