Un artista che scrive, compone e arrangia tutto l'album, si chiude in studio e si gira uno alla volta tutti gli strumenti e i microfoni del multitraccia, delegando solo la batteria, potrà anche avere pochi amici musicisti, sicuramente potrà permettersi di non doverci litigare per trovare compromessi. Non so se Gabriele Civitaresi, in arte Civi, abbia pochi amici musicisti, sicuramente "Memories of a dirty monkey" è un disco che segue un'idea stilistica molto precisa, forse troppo precisa.
Siamo davanti ad un album che raccoglie quanto può dalla tradizione della british invasion e degli anni '60, dai Beatles con gli abitini grigi e dai quattro microfoni dei Mamas & Papas. Il risultato è un disco pop rock ben riuscito, con l'intenzione di ricreare quelle atmosfere con un suono più contemporaneo. Divertente l'inizio con "Figured it out", una delle più riuscite dell'album, insieme a "A better world" e "Another guy" dove la voce gioca con se stessa evitando l'emulazione fine a se stessa e donando invece ai brani un punto di forza. "Spanish Girl", unica non composta dal solo Civi peraltro, spezza un po' il ritmo e alleggerisce una successione di brani alla lunga un po' ripetitivi.
Civi porta avanti un'idea sicuramente affascinante e nel complesso ben eseguita, ma entra in un territorio molto pericoloso nel prendere a modello i Beatles e l'ambiente musicale che ha forse influenzato di più altri musicisti nella storia. L'avere così tanti termini di paragone con questo album porta a non perdonare "Memories of a dirty monkeys" per un inglese un po' sbavato, brani che tendono ad assomigliarsi senza che qualcuno spicchi in maniera particolare e dei suoni forzatamente vintage che risultano quasi finti, dalla precisione delle batterie alla "pulizia" della distorsione nelle chitarre, e che tolgono spessore e carattere al disco.
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