Sistemate le cuffiette e chiudete gli occhi. Se non avete mai immaginato di fare quattro passi nello spazio e ascoltare che rumore fanno astri e satelliti è il momento giusto per farlo.
“Is there life on Mars?”. L’annoso quesito, tormentone di scienziati e musicisti, è lontano dalla sua risoluzione. Tutto quello che conosciamo è ciò che gravita tra la Terra e Marte: sonde, satelliti e stelle, nel loro incessante e inconcludente destino circolare, sinonimo di vita e di morte. È proprio in questo buio, desolato e angosciante spazio che ci proietta l’ultima fatica de Silvia & the Fishes on Friday. Il duo friulano, arrivato al suo quarto lavoro, cambia decisamente rotta dopo i primi lavori in cui, atmosfere ovattate, nostalgiche impressioni e ritmi nordici alla Kings of Convenience, lasciano spazio ad un dream – pop che sembra mescolare con abilità, ma ossessivamente i Beach House e i London Grammar, passando per gli XX.
La voce magnetica e sensuale di Silvia Guerra ci catapulta immediatamente nella fredda e perenne notte cosmica con “Curiosity”, brano d’apertura del disco. Chitarre smorzate e una batteria mai invadente, sostengono oniricamente il brano. In “The Sound of Stars”, la melanconia che accompagna durante tutto il viaggio le anime gemelle, beffate da un crudele destino che le costringe a non incontrarsi mai (quasi una rivisitazione in chiave cosmica e moderna del quinto canto dantesco) inizia a dilatarsi a dismisura. L’atmosfera dimessa e allucinata ci conduce ad un lungo e indolente solo che ricorda Chris Isaak nell’intro di “Whicked Games”. Nello spazio, si sa, i tempi si allungano e così anche “385 days” dà l’impressione di poter continuare a lungo, incastonata nel suo loop di batteria, incessante e ipnotico. E’ bizzarro, altresì, che il pezzo con la chitarra più graffiante sia “Ghosts”. Fantasmi appunto, manifestazioni inconsistenti, sembrano palesarsi direttamente ai nostri occhi, più vivi che mai. Si va spediti, sempre più in fondo, nel vuoto dell’universo tra ritmi compassati che non nascondono venature di inquietudine e smarrimento. E passando per i “Sattellites” tra cui “Miranda” (tra i più noti satelliti di Urano), si arriva realmente ai confini del sistema solare, e da lì, troppo lontani (“ I feel far from you”) da tutto e dalla Terra, sempre più intrappolati nell’ignoto e stanchi dell’Odissea spaziale, i giovani amanti si interrogano sulle loro debolezze (“Ordinary Weakness”) con irremovibile sicurezza (“What do you want to prove?”).
Se per quest’estate non avete ancora deciso la meta per le vostre vacanze, “Drifting” è senza dubbio una meta affascinante e accattivante. I Silvia & the Fishes on Friday, probabilmente, ancora non hanno deciso la loro destinazione. Il cambio di stile, rispetto ai primi lavori, è tangibile. La sezione ritmica è completamente rivoluzionata. Non deve essere stato facile, bisogna dare atto, sperimentare e cimentarsi con soluzioni stilistiche nuove, eppure, lo hanno fatto egregiamente. Si, egregiamente ma anche con un certo piglio sofistico e ripetitivo che risulta ampolloso. Gli amanti del genere non faranno fatica ad apprezzarlo. Soluzioni stilistiche del genere sono limitate nel Bel Paese, ma chi si approccia da neofita, o da umile ricercatore di nuove sensazioni, a questo tipo di sound, non farà altrettanta fatica a cestinarlo. Come sempre, la verità è nel mezzo. Ed è proprio lì che dovrebbero dirigersi i Silvia & the Fishes on Friday, anziché circumnavigare l’universo. Non sappiamo ancora se c’è vita su Marte, perché domandarsi cosa c’è oltre?
---
La recensione Drifting di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-07-28 00:00:00
COMMENTI (1)
Sublime la recensione , gli accostamenti ,analogie,citazioni e tant'altro, sono da vero professionista, direi da giornalista accanito, sei colui che sa quello che vuol raccontare le parole si intrecciano creando un'atmosfera letterale simile a una dolce musica che al lettore attento non sfugge, conoscendo i brani commentati.
Bravo.