Quella di “Fader” è una new wave a presa rapida – più o meno contaminata – ancora troppo penalizzata dai suoi riconoscibili ascendenti musicali.
Gli Electric Floor si accodano alla nutrita carovana di band nostrane devote a certa new wave a presa rapida – più o meno contaminata – capitanata da personcine come Sonic Jesus, The Doormen, Secret Sight ecc. E per quanto al trio cosentino, a onor del vero, piaccia variegare la ricetta base con funzionali inserti elettronici e improvvise voglie shoegaze – peraltro subito soffocate sul nascere (“Nosedive”) – non è che poi si allontani più di tanto dal consueto canovaccio sonoro di rito: per quel suo gigioneggiare tra chitarre achtungbabyane dai colori cobalto (“Bluedive” in primis) e suoni presi a nolo dalle pedaliere di Robert Smith (“Charming Dress” e “Borderland”), per quel suo romanticismo declinato su tastieroni crepuscolari (quella “M31” che ci consegna una sorta di trasfigurazione dreampop degli OMD) o per quel suo intimismo malinconico che attraverso la voce di Emanuele Chiarelli sprigiona tutta la sua leggerezza pop, a tratti persino velatamente radiofonica (con gli Hurts ogni tanto a fare capolino).
“Fader” rimane un EP godibile, senz’ombra di dubbio, ma, ahimè, ancora troppo penalizzato dai suoi riconoscibili ascendenti musicali. E per affrancarsene definitivamente, magari, non sarebbe poi una cattiva pensata quella di ridurre ai minimi termini certe piacionerie melodiche per inasprire la componente onirico-psichedelica dei suoni. Vai a sapere…
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La recensione Fader di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-09-25 00:00:00
COMMENTI (5)
Conosco il concetto del rispetto dei punti di vista altrui e credo anche io sia un dovere scrivere la propria impressione. Fa sempre piacere che qualcuno ti dedichi venti minuti del proprio tempo e in questi tempi frenetici bisogna sempre ringraziare.
Non ho problemi a spiegarmi gli accostamenti, ciò che mi ha spinto a commentare è aver letto la frase "riconoscibili ascendenti musicali" che tutto sembra tranne una soggettiva (quindi rispettabile) impressione. Concludo dicendo che oggi, nel settore musicale, molte cose sono derivative e influenzate da dogmi, non solo la musica suonata, ma anche quella parlata.
Ciao Antonio e grazie per il confronto interessante.
Ah, in questo senso...Non avevo colto, perdonami. Ci addentriamo in un ginepraio! Ma sai quante volte mi è stata fatta questa obiezione da gruppi recensiti in passato? E sai quante volte è accaduto (e quante altre volte ancora accadrà in futuro) che alcuni gruppi non si spiegassero taluni accostamenti avanzati dal recensore di turno ad altri artisti, sconosciuti o addirittura invisi alla band recensita? Se alcune melodie, suoni, riff o arrangiamenti di un determinato disco ricordano quelli di altre band (che li hanno realizzati prima di te) poco importa che quelle stesse band siano o meno di tuo gradimento, poco importa che tu le conosca o meno. Rimane il fatto che qualcuno le pensate e suonate prima di te. Ed è un "dovere" di chi ascolta rimarcarlo. Punti di vista eh...
È la prima volta che in una nostra recensione vengono definiti "riconoscibili ascendenti musicali" dei progetti che non piacciono a nessun componente della band (in questo caso OMD e HURTS). Abbiamo addirittura provato a riascoltarli per più di 20 secondi ma, nulla da fare, continuiamo a preferire le "chitarre achtungbabyane".
Cercando di estrapolare un aspetto costruttivo e non riuscendo ad omaggiarli a livello sonoro, nel prossimo testo cercheremo di citarli almeno con la parola "Hurt". Per il resto della recensione, rinnovo i ringraziamenti.
Salve, non ho capito la puntualizzazione sui testi e sulla parola "Hurt". Dico sul serio.
Nei testi non ho mai usato la parola "Hurt", ma forse dovrei iniziare. Grazie per l'ascolto attento e la recensione minuziosa.