Solo in Italia si applaude ai funerali. E non è una bella abitudine, qualcuno doveva dirlo forte una volta o l'altra. Ci hanno pensato i Nadiè, che sembrano davvero molto incazzati, per questa e per tutte le altre cose che non vanno. “Acqua alta a Venezia” è un disco che trasuda rabbia sincera e sentimenti esibiti con determinazione.
È un disco urlato, in senso letterale e non: se lo sfogo fra Afterhours e Radiohead di “Conigli” culmina davvero in urla scomposte, risuonano taglienti come grida anche i sussurri iniziali di “In discoteca” e le nostalgie baustelliane (se i Baustelle schitarrassero duro, s'intende) di “La bionda degli ABBA” e “Breve esistenza di un metallaro”, entrambe dal gusto anni settanta rivisitato in un modo piuttosto personale.
Ci sono anche episodi più deboli e al limite del qualunquismo forzatamente cinico, per esempio “Gli sposi”, ma al netto di qualche lungaggine si può comunque parlare di un lavoro riuscito nel suo rifuggire i fighettismi e fare dell'urgenza – mediata comunque da un retropensiero e una cultura musicale solidi – il punto di forza.
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