"Elefanti per cena" è il titolo del disco d’esordio di Effenberg. Parole che rispecchiano perfettamente un contenuto di difficile definizione. Letteralmente è proprio così, una specie di visione surreale alla Dalì, ma come in Dalì gli elefanti sono leggeri leggeri, che quasi volano. Merito anche di una componente melodica solida, frutto, e si nota, di un lavoro che non lascia nulla al caso. Il pop si mescola visceralmente ad ascolti più datati hardcore melodici alla No Use For A Name, ma resta figlio del cantautorato nel suo senso più puro e antico. La leggerezza qui è la leggerezza di un’esistenza post-adolescenziale in cui i problemi ci sono, ma spesso ci si accontenta un po’ “è bello anche così com’è / è bello anche così per me”.
Un pensiero postmoderno, assurdo forse, ma che può servire lo scopo di capirci qualcosa: se Calvino avesse ascoltano Effenberg forse nelle sue “Lezioni americane” avrebbe parlato anche di lui. “Aprile” è delicata e stabile, una delicatezza ripresa anche da “Elefanti per cena” la track che dà il titolo al disco. Sembrerebbe quasi l’alba e l’avvento di un filone nuovo – post Dente e Colapesce – mosso da artisti del calibro di Lucio Corsi, Setti e appunto Effenberg. Gli elementi pop resistono, ma sono come avvolti da una patina punk, più disincantata, con meno alterazioni linguistiche, poetiche infantili e più di arrangiamenti. Di struggente bellezza “Le vigne di Bergamo”, forte di un testo vero come la vita, mai banale, così come l’ultima “Firenze Mare”.
“Non mi riparo mai”, “Atlantico” e “Le nostre scopate” dettano la cadenza di un album che, dopo il vero e proprio esordio autoprodotto del 2015 “Piazza Affari chiude in calo”, dimostra una crescita decisa, quasi violenta, di un artista che sembra avere molto, moltissimo da dire. “Per ora non esco” conferma ancora quella leggerezza che circonda un disco che ha l’unico difetto di essere forse troppo uniforme, con pochissimi cambi interni di prospettiva.
Auspicabile che la formula che lo caratterizza non diventi per Effenberg l’arma a doppio taglio che ne impedisca, nel tempo, bellezza e conferme.
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