Alessandro Tuvo e Carolina Bertelegni sono i Family Business, duo che esordisce con "Family Weakness", disco di media durata che contiene sette brani (i minuti di ascolto sono circa ventidue) leggeri leggeri. Troppo leggeri, forse, anche per chi ama l’effimero e l’“usa e getta” musicale. Non solo, qui, siamo nel campo del mero intrattenimento, ma ci si aggira pericolosamente, addirittura, nella palude del superfluo: spiace dirlo, ma francamente non siamo riusciti a individuare appigli che consentano di agganciare uno straccio di giudizio inequivocabilmente positivo a qualcuna delle tracce del disco che non suoni banale o già sentita fino alla nausea. Si potrebbe forse e unicamente spezzare una lancia a favore del brano "L’arrampicatrice sociale" (l’unico cantato in italiano) di cui abbiamo sinceramente apprezzato l’ironia graffiante e l’atmosfera vagamente retrò. Le melodie dei brani appaiono accattivanti ma sia detto per il solo gusto di non nascondersi dietro un dito: è tutto l’insieme che veramente non riesce a elevarsi rispetto alle dominanti suggestioni “dejà entendu” promanate dall’album.
Pop, pop, musica ballabile e ancora pop del più lieve sono i generi prevalenti in questo album in cui i Family Business tentano di conferire maggior spessore artistico inserendo di volta in volta all’interno dei vari pezzi elementi di rock o, come nel caso dei brani "Chasing the sun" e "Wake me up", di folk.
Quest’ultima canzone, peraltro, ci è parsa del tutto ridondante: si tratta infatti di una cover praticamente identica all’originale proposto qualche anno fa con successo dal DJ scandinavo Avicii. La seconda delle due cover presenti nel disco (si tratta di "Drown", del gruppo rock inglese Bring me the horizon), invece, appare notevolmente ingentilita rispetto alla versione ben più incisiva lanciata dalla band di Sheffield nel 2014.
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