"L’altra parte" dei Tersø ci arriva tra le mani a fine Agosto. Non tutti i grandi passaggi hanno fuochi d’artificio o mitologie nazionali che li raccontino. Così si passa ogni anno dall’estate all’autunno ed è qualcosa di eroico veramente, anche se questo ritorno al quotidiano (si tratta di tornare a scuola ogni anno per tutta la vita, no?) è sempre da tutti raccontato con una pacata poesia delle cose opache, come fosse questione di descrivere gli oggetti scolorirsi.
Questo è il clima del primo disco dei Tersø. Se gli elementi pop ed elettronici affiancati (entrambi raffinatissimi e curati a puntino nell’etichetta di Bruno Belissimo) fanno spazio a quel po’ di estate che c’è ancora fino a settembre, i testi e la voce di Marta Moretti sono già a prendere a calci le foglie secche sul marciapiede.
Eppure non è un culto della fine delle cose, non è farsi il segno di croce passando per caso nei luoghi della propria adolescenza. C’è dentro la curiosità di vedere ancora tutto succedere, magari senza quell’entusiasmo che avrebbe potuto servire questo disco a un pubblico radiofonico. Senza quel piglio facilotto-ammiccante che alcune realtà musicali affini in questi anni disperatamente ricercano. Non sempre fa bene svenarsi per lasciare che le stagioni facciano il loro corso e tirino fuori la medesima novità che da tanto attendiamo. A volte basta guardare qualcuno e dire “buttiamo giù il muro stanotte, non servono armi né colpe, ricorderemo il male che fanno, dimenticheremo le insonnie”.
Col cappotto vedremo da che parte gireranno i venti dei Tersø, e quando farà freddo davvero magari riascolteremo il loro primo disco.
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