L’idm, lo shoegaze e l’inverno che si avvicina: il debutto degli Hiroshi è un’ottima notizia per chi ama le cattive notizie.
Settembre è il mese nostalgico per eccellenza. Senza troppo entusiasmo, l’estate lascia il posto a pigri ritorni in città, nuovi inizi ed avventate iscrizioni in palestra che torneranno puntualmente a farci visita a fine dicembre, mascherate da buoni propositi per l’anno nuovo. L’ep di debutto degli Hiroshi, ottimo compromesso tra idm, shoegaze e le prime piogge autunnali, cristallizza questo umore malinconico in poco meno di venti minuti, trasformandolo in quattro tracce che non temono affatto la brutta stagione.
Non a caso, la band di Fermo ci tiene a precisare che il suo esordio “è un’ottima notizia per chi ama le cattive notizie” e lo scontro tranquillo di drum machine, Radiohead e Postal Service che dà il benvenuto nella traccia d’apertura sembra solo rafforzare quest’idea. È però la successiva “Float” a dare il colpo di grazia, riuscendo nell’impresa di convertire l’ammiccante slogan social della band in un piccolo manifesto poetico. “Float” è l’inno etereo di chi aspetta l’arrivo dell’inverno, nasconde l’inquietudine sotto un cappotto pesante e le fa prendere una boccata d’aria, possibilmente quando la città è deserta. È, soprattutto, il brano in cui l’identità del gruppo viene meglio allo scoperto: i beat e le percussioni dell’intro si risolvono, nel cuore del pezzo, in uno sfogo liberatorio di batteria, intorno al quale danzano con grazia le melodie della voce e delle due chitarre.
A chiudere il discorso in bellezza ci pensano le tracce più oscure dell’album: “Circling” e “Naoko” aprono il vaso di Pandora e tirano fuori la parte più tormentata del gruppo, tra la nevrotica natura darkwave della prima canzone e le influenze industrial della seconda. Quello che riaffiora in entrambi in casi, comunque, è una sorta di scontro tra l’uomo e la macchina, tra le sottili melodie delle chitarre elettriche e le ruvide incursioni delle parti registrate.
Se allora Google Translate ha ragione quando sostiene che in giapponese ‘hiroshi’ vuol dire generoso, mi auguro che il gruppo mantenga la promessa sottesa nel nome e ci aggiorni il prima possibile con una manciata di nuove canzoni. Le prime quattro hanno colto nel segno, lasciando un’eredità di riff a cui potersi affezionare e una buona ragione per affrontare i mesi più freddi dell’anno. ‘Winter is coming’, direbbe qualcuno, e a quanto pare è solo un’ottima notizia.
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La recensione 宏 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-09-22 09:00:00
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