I De Grinpipol sono tornati e hanno dimostrato ancora di essere un'ottima realtà musicale presentando un album ben fatto, accattivante e che potrebbe stare benissimo all'interno di discografie più importanti senza sfigurare.
In "Elephants" la band sarda non perde la stoffa che aveva presentato fino al 2012, con l'ultimo album "Earworms", e che dopo una pausa di cinque anni si ha sempre il timore di non ritrovare più. I De Grinpipol sono invece riusciti a inserire alla perfezione il nuovo bassista continuando la loro "tradizione" di band italiana che italiana non sembra. O meglio, band che ha saputo sintetizzare al meglio la loro italiana internazionalità o internazionale italianità, come preferite. Un po' come se si scoprisse che la croce rossa della bandiera dei quattro mori sta ad indicare il regno d'Inghilterra.
Il nome del gruppo è sempre stato un riferimento a questo loro aspetto, e infatti la loro forza è quella di riuscire a prendere l'animo "britpop alla Blur" per poi condensarvi addosso le influenze dell'alternative, che se prima facevano più riferimento al filone dei Black Rebel Motorcycle Club ora stanno maturando verso il "guru" Josh Homme (e "M_F" ne è l'esempio).
Ma l'italianità di cui sopra sta nel collante che tiene unito il tutto, che è rappresentato dai profondi riferimenti alla "scuola Afterhours", che in questo album emergono insistentemente e soprattutto nell'unico brano cantato in italiano "Quello che importa, ma non più di tanto".
Se già con l'ultimo loro lavoro in studio i De Grinpipol sembravano maturi, ora lo sono senza alcun dubbio e "Elephants" è un album che è facile immaginare su un grande palco a convincere il pubblico. E questa è probabilmente una delle caratteristiche principali che dividono una band da una band che merita il successo.
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