Questo primo lavoro dei Monkey OneCanObey si presenta carico di novità. Il sound del duo di Spoleto è brillante, si porta dietro un bel carico di arroganza che nella giusta misura è fondamentale soprattutto in un disco d'esordio; e cosa più importante è figlio delle menti dei due ragazzi in maniera libera, slegata dalle limitazioni che possono rinchiudere una band. Partiamo dal dettaglio più esaltante; le basi di batteria sono interamente cantate da Phil secondo la tecnica del beatbox. Proprio negli ultimi anni, il beatbox appunto è stato terreno di molti artisti ed è stato portato alla ribalta da uno come DubFx, non il primo arrivato. Una tecnica percussiva e corale bellissima, che all'estero ha molta più visibilità e si incontra più facilmente che in territorio italiano e a noi le particolarità e l'originalità ci piacciono moltissimo.
Su questi pressuposti si infiltrano egregiamente la voce e la chitarra di Sav, la prima di uno stampo più rock classico, aggressivo e la seconda ballerina che gioca con la ritmica e con il blues senza problemi.
Si forma così un miscuglio di influenze e di stili che assieme rendono "MOCO" un prodotto di un'originalità rara e forte. Così non stupisce che nello stesso lavoro convivano pezzi come "Grinning in Your Face" dai toni del blues scandito e solido quasi alla Creedence Clearwater Revival, con canzoni come "Traintears": una ballata minimale quasi cantautorale o ancora "Philled Lungs" che sembra uno psyco-reaggae da videogame. Una nota particolare è sull'ultima traccia del disco che è una cover, venuta bene, del megaclassico Depeche Mode "Personal Jesus"
Un esordio non da ascoltare ma da mangiare questo "MOCO" e il merito va tutto alla bravura e all'originalità del duo di Spoleto. Quando si incontra un disco così bello si spera sempre che non sia un'opera finita ma solo l'inizio di qualcosa di più grande.
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