Prima del reggae c'era lo ska, ma prima dello ska c'era il boogie. In viaggio nella Giamaica degli anni '50 con gli Uppertones
Negli anni ’50 in Giamaica, racconta il veterano Derrick Harriott, “la gente del ghetto quando voleva divertirsi andava alle serate con il sound system. Non ci andavi per darti delle arie, ma per stare in mezzo alla tua gente. Era un momento importante. (…) La gente si vestiva a festa, e quando si parla di mettersi in ghingheri nessuno può stare alla pari con la gente del ghetto. Si beveva un goccio e si ascoltava musica da sballo.”
La Giamaica, allora colonia britannica, non aveva ancora una propria industria discografica quindi, se si eccettuano le pionieristiche incisioni di folk per lo più indirizzate ad acquirenti esteri, non produceva dischi autoctoni, ma si rivolgeva al mercato statunitense: gli stili di musica da sballo che infuocavano le nottate della gente del ghetto erano il jump blues, lo swing e il boogie, in declino di popolarità nella madrepatria –soppiantati dal moderno rock’n’roll- ma amatissimi sull’isola e che, quando presero ad essere imitati dai jazzisti locali, avrebbero costituito l’influenza principale per la nascita dello ska.
Proprio a questa tradizione, fino ad ora mai compiutamente esplorata e così riscoperta da nessun’altra band, si rifanno gli Uppertones, combo formato da vere e proprie istituzioni della scena in levare mondiale, Mr T. Bone, Peter Truffa e Count Ferdi (Bluebeaters, Casino Royale e New York Ska Jazz Ensemble vi dicono nulla?).
Se il loro album d’esordio era, alla stregua dei primi lavori della band giamaicane alla fine dei fifties, composto da rielaborazioni di originali americani e quindi una necessaria tappa di passaggio, questo nuovo “Up Up Up!” segna una vera e propria svolta: e compositiva, dato che tutti i pezzi inediti che lo costituiscono sono autografi, e soprattutto stilistica, con la scrittura che si fa decisamente ricercata andando a scavare nelle gemme nascoste di una storia forse quasi sconosciuta ai più.
Ma il boogie giamaicano è solo il porto di partenza di questo viaggio. Gli approdi, seppur prossimi, sono vari e, nelle tracce, profumati da spezie diverse: Rosco Gordon e il suo boogie pianistico di “I Had A Girl” e “What A Night”; le armonizzazioni vocali di “Sometimes I Feel” e “What a Shame”; Professor Longhair e la New Orleans multiculturale del Mardi Gras e del rumba-boogie in “Tell Me The Truth” e “Broken Promises”; l’inconfondibile Fats Domino in “No One”; il calypso-jazz di “She Said” e “Oh Man”, il mento di “Poor Man Night” e il merengue di “Treat Me Right” (arricchiti dalle percussioni del leggendario Larry McDonald e dal sassofono di Dave Hillyard degli Slackers). In chiusura un brano già pubblicato come singolo, il simpatico rifacimento, interpretato insieme a Jesse Wagner degli Aggrolites, di “Hey Cumpari”, tradizionale siciliano ma, un tempo, quasi un inno italo-americano nella versione di Julius La Rosa.
Per il mondo della musica giamaicana, questo degli Uppertones è un lavoro, anche di ricerca e stimolo all’approfondimento, di un valore culturale e artistico immenso, che esalta in maniera limpida, come mai prima d’ora, il jump blues come reale seme del reggae.
"When I feel so good I got the boogie in my bones", cantava nel 1957 Laurel Aitken. E grazie agli Uppertones quel fugace momento storico è stato riscoperto, facendolo risplendere di nuova luce.
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La recensione Up Up Up! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-09-28 09:00:00
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