Iniziamo pure con il dire che Soviet Malpensa è un nome davvero bello. Dalla lontana formazione iniziale del 2008, sono arrivati in quattro a quest'ultimo album “Astroecology”: quello che da sempre non cambia è la loro scelta totalmente autarchica di prodursi, registrarsi e inventarsi in completa autonomia. E in questo virtuoso mondo del “chi fa da sé per tre” giungono a un lavoro che, seppure definito dagli stessi “sperimentale” e “senza pretese” ha la forza di un'opera adulta e finita.
«L’astroecologia è la scienza che si occupa di capire come le piante e i microorganismi possano svilupparsi in ambienti extraterrestri» ci spiegano a premessa dell'album. Ed è proprio questo che si avverte fin dall'attacco di “Everest (Manifesto Asociale)”: i Soviet Malpensa hanno deciso di portarci con loro in un viaggio dove «non c'è più ordine, se bruci il limite». In “Quasi tenebra” le chitarre sono forti nelle loro continue distorsioni e avvitamenti sonori, ma mai quanto in “Lucifer”, in cui un perfetto bilanciamento di corde e percussioni crea atmosfere oniriche e psichedeliche capaci di farti davvero viaggiare. “Europa Afterlife” è la più schizofrenica: ti strattona dal sogno di ritornelli Ambient all'angoscia di stacchi punk, fatti di riff cupi e sussurri tenebrosi.
“La scienza dei sogni” è la ballata dell'album, in cui è possibile riconoscere dimensioni più afrodisiache e prepararsi alla bella galoppata di “Pluto”, dove arpeggi e contrappunti ci rispediscono in orbita, grazie a un uso sapiente di sintetizzatori e drum machine. “Habitat 72220” è la più lontana per un orecchio armonicamente educato: bellissimi i field recordings e i rumorismi che permettono all'immaginazione di perdersi dentro a paesaggi sconosciuti. Chiude malinconicamente “This Is The Life”, il brindisi ben augurale che i Soviet Malpensa dedicano al loro pubblico: «non avere paura d'invecchiare».
“Astroecology” è veramente un album in cui si è voluto fare qualcosa di totalmente libero e, di conseguenza, inusuale: ogni brano si sviluppa mantenendo un vero e proprio equilibrio “biologico”, dentro il quale tutte le anime che nascono e si rincorrono sono soggette a una propria evoluzione, ma sempre figlie di regole egualitarie. Basti pensare che in questo lavoro le voci non sono quasi mai soliste e in nessun modo si prestano al ruolo ormai obsoleto di protagoniste.
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