Nelle scure acque del dark shoegaze dei Supersonic Seaside
Melanconicamente catartico è l’inizio di “The Beach” che, sulla sabbia umida sembra calcare la sua impronta nel dark dream di gruppi come Soft Moon, Slowdive e Galaxie 500, mette in scena la tipica drammaticità vocale dei registri post-punk. L'aura scura introdotta sin dal primo brano è di quanto più lontano ci possa essere dal sole, dove i tormenti iniziali di “Empty Distance” sono onde increspate di elettriche inquietanti mai sazie dell’orizzonte, disegnate sull’inerzia del basso.
"Supersonic Seaside" prosegue nella sua atmosfera plumbea di “Lapsed”, riprendendo la compulsiva batteria di “Love Will Tear Us Apart”, spostando l'attenzione più sulla profondità del pezzo che dalla consueta carica alienante del repertorio della band di Ian Curtis. Lasciandosi alle spalle gli ottimi arrangiamenti di ritmiche e arpeggi, la band padovana approda all'abbandono desolante della chiusura di “Weekend”. Campi di lunghi piani sequenza ambientati sui freddi arenili del Nord sono l’epilogo sonoro dei Supersonic Seaside, dotati di una propria identità che mai trascende dal suono ovattato immerso negli abissi. Un lavoro breve ma ben raccontato con l’unica riserva futura di una maggiore variazione sul tema senza doverne alterare il fascino che questo progetto è capace di esprimere.
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La recensione Supersonic Seaside di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-01-02 00:00:00
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