“Decadenza e resurrezione” è il secondo album del cantautore Rusty Carter. Un lavoro un po' troppo sporco di ruggine, che andrebbe decisamente rivisto.
"Rusty" di nome e di fatto: la voce è decisamente sporca. Arrugginita. Roca. Forzata? Eh sì, sembra proprio essere esageratamente forzata. Perché la ruggine e le voci sporche nel rock sono le benvenute. Ma forse qui si è andati un po' oltre il limite.
Tra cantautorato, rock e spunti blues, questo "Decadenza e Resurrezione" offre anche qualcosa di interessante dal punto di vista del sound. Qualcosa che però è stato sporcato fin troppo.
Nei suoi testi fin troppo enigmatici Rusty Carter (alias Lorenzo Picchi) sembra parlare di se stesso, un se stesso rapportato alla vita quotidiana non sempre luminosa in cui la fantasia e i sogni rappresentano un'ottima fuga, almeno mentale, da tutto ciò che ci circonda giorno dopo giorno. Un se stesso che potrebbe essere benissimo ognuno di noi. E lo fa con un cantautorato aspro, ancora acerbo e abbastanza sopra le righe che si muove tra chitarre corrose e stralci di armonica e che attinge dalla tradizione della canzone d'autore italiana e gruppi più recenti.
Il che, nella giusta misura, sarebbe anche cosa buona e giusta. Ma il nostro Rusty ci mette il carico da dodici, un carico che forse non era necessario. Volutamente pesante, o meglio appesantito, il disco si trascina per nove pezzi risultando difficile all'ascolto, con una voce trapanante e un po' troppo ruggente, decisamente su di giri, che alla lunga stanca.
Un disco quindi che presenta alcune idee che forse andrebbero sviluppate un po' meglio per poter risorgere (o ancora meglio sorgere proprio del tutto).
In conclusione, la carica e la voglia di fare del signor Picchi sono ben apprezzate. Ma molte cose andrebbero riviste. La resurrezione sembra essere un po' lontana.
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La recensione Decadenza e Resurrezione di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-04-06 00:00:00
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