È difficile oggi non scadere in un mellifluo rimpianto dei tempi che furono, quando le idee mettevano radici in un terreno seminato di libertà, rivoluzione, pacifismo. La visione del mondo odierno non appare fiduciosa nel domani, e mostra paure e riluttanze quotidiane. Tuttavia, per qualcuno, il timore del presente coincide con l’avere a cuore il proprio tempo. Come si può difendere il giusto, il vero dal falso, la bellezza dalla violenza? Ce lo racconta la Piccola Orchestra Karasciò in questo album: attraverso una fiducia profonda nella musica, sostenendo la resistenza e la libertà delle canzoni, il futuro spaventa di meno. La forma dei testi è un movimento di parole leggero, che esprime epiche intimiste, fantasie che feriscono, amori infranti, disagio domestico, isolamento sociale. Ma è la melodia il piatto forte, così il disco tiene conto del passato e insieme si evolve verso un suono di efficace espressività armonica. Il contributo di fiati, archi, percussioni, cori, crea appeal sonoro; interessanti gli arrangiamenti che direzionano la produzione folk della band verso una stagione di rinascita.
“Qualcosa mi sfugge” ci apre ad una carrellata di storie da ascoltare e in cui siamo tutti protagonisti: le rivoluzioni che facciamo cantando canzoni, non fanno mai male (A canzoni non si fan rivoluzioni) - sembra dirci ammiccando De Andrè – “La luna” aggancia i ricordi tra ruvide tenerezze di noi creature alla ricerca di un senso; la malinconia è l’unico rimedio che ci salva da tutti i mali del modo (“Il nodo”) e “Il telecommando”, l’alibi più sano per rimandare, al giorno dopo, una piccola rivoluzione personale che nasce dalla poltrona di casa. La claustrofobica sensazione che la testa possa controllare tutto ciò che c’è al di fuori, ci blocca il respiro (“Respira”); ma noi crediamo nel potere demiurgico delle azioni, piccole o grandi che siano, statuti di realtà vissuta e non pensata (“Resisto”). Il cuore del disco dà il titolo all’album, nella constatazione che qualcosa ci sfugge. Non ci rimane altro da fare che camminare per il mondo liberi, nudi, autentici come bambini (“Comemammamihafatto”) e senza ossessioni (“Tabularasa”).
A conclusione, il punto è questo: ribellarsi è necessario e farlo con gioia è il migliore dei modi per farlo. Non è forse questo lo scopo di una nuova forma di folk song o... "qualcosa mi sfugge"?
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