La band bergamasca torna dopo tre anni con un album completamente diverso dal resto della loro discografia ma contemproaneamente in piena linea con la loro crescita musicale. Sin dal primo brano, "Pelle Nera e Rum", si percepisce una nuova vena creativa più folk che metal, che va dal southern al celtic in un attimo, come fosse una puntata crossover fra Vikings e Sons of Anarchy, lasciando più spazio agli strumenti tradizionali e alla voce di Lorenzo Marchesi sempre piena e aggressiva.
In "Ossidiana" troviamo molto più presente anche la voce di Roberta Rota che riesce a spiccare sia come seconda voce che da protagonista come in "Anna" e "Dritto al Petto". La nuova ricetta dei Folkstone sembra essere più incentrata sulle tradizioni bardiche, lasciando entrare solo in un secondo momento la componente metal ed elettrica.
Questo scambio lo si nota sia all'interno delle tracce che fra una canzone e l'altra. Dopo "Anna" parte infatti "Psicopatia" che sembra essere un tipico brano della band, più inno rock che ballata celtica, con un ottimo scambio fra le strofe più incalzanti e un ritornello orecchiabile.
Degna di nota la cavalcata "Scacco al Re", che sicuramente infiammerà i prossimi live, come farà anche "E vado via".
Fra questi due brani si infila però "Mare Dentro", un brano insolito per i Folkstone, con atmosfere più ampie e distese, con tastiere e suoni puliti come protagonisti. Una ballad in stile Folkstone, che non farà piacere ai fan più assetati di beat ma che dimostra ancora una volta la versatilità dei Folkstone.
L'album si chiude con la vena cupa, non solo cromaticamente parlando, della title track, che pur avendo una base musicale epica e degna della band orobica rimane ancorata alla melanconia delle voci, che chiudono "Ossidiana" su un accordo in sospeso lasciandoci disorientati ma affascinati, come fossimo circondati da quel meraviglioso nero del vetro vulcanico che dà il titolo all'album.
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