Dici sax, pensi ska, ti ritrovi con un disco di rock duro. Tutto, qui, è deliziosamente fuorimoda. Ma questo è il motivo più valido per ascoltare i Lebowski.
Dici sax, pensi ska, ti ritrovi con un disco di rock duro e sporco. Sono le cose della vita, quelle che stupiscono e che sconvolgono ogni giorno le nostre certezze. Ed è anche quello che capita accostandosi alla "Cura Violenta" dei Lebowski, che, a dispetto della verve del personaggio di cui portano il nome, sono abbastanza incazzati. Quanto basta, almeno, per farvi battere il piede a ritmi martellanti.
Mettiamo le mani avanti: tutto, qui dentro, trasuda anni ’90, dalle distorsioni stoner ai riff arabeggianti a là Offspring (“Paolo ruba cuori”). Anche i testi, spesso ironici, rimandano alla tradizione dell’alternative nostrano di fine millennio, con gli Afterhours in prima fila. Ma i Lebowski sono una cosa a parte e lo dimostra la straordinaria versatilità del disco. C’è l’allegro punk di “Appeso”, lo stoner di “Mi sento uh!” (che vanta un cantato pericolosamente simile a quello di Luca Romagnoli del Management del Dolore Post-Operatorio), la psichedelia sognante di “Little B” e lo svagato plasticume di “Giorno Zero”. La title-track “Cura Violenta” inaugura il disco ed è uno strumentale di 7:38 minuti. Una scelta curiosa, nel 2018. Ma tutto, qui dentro, è deliziosamente fuorimoda. E questo, forse, è il motivo più interessante per amare questo disco. Enjoy!
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La recensione Cura Violenta di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-03-14 00:00:00
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