Il terzetto toscano degli Acid Brains non è nuovo per la redazione di ROCKIT. Alcuni loro lavori sono già stati recensiti. Quest'ultimo disco, dopo aver traversato lunghe vicissitudini redazionali, giunge nelle mie mani ed è finalmente recensito. Scusate il ritardo.
"The end of the show" si presenta con un packaging la cui grafica naif sembra rifarsi alle gloriose copertine dei Dinosaur jr. Ma i titoloni scritti in pennarello rosa non ci ingannino: più che alle rumorose melodie ed agli assolacci para-hardrock di Joe Mascis, i ragazzi sembrano ispirarsi alle sonorità più rabbiose e 'malate' dei Nirvana, dei Mudhoney, dei Queens of the Stone Age. Il paradigma cobainiano è cosa troppo nota perché debba sprecare inchiostro a descriverlo: asciutto terzetto basso-chitarra-batteria, ritmiche serrate, distorsioni, bicordi a ripetizione, voce lievemente lamentosa, improvvisi rumorismi e sussulti urlati. Eccetera. Come un'infinità d'altri gruppi grunge che popola la penisola, i ragazzi non si distaccano troppo dall'ortodossia-nevermind - eccezione fatta forse per uno strumentale come "B-side", o per le semi-ballate "so lucky" e "call me now", in cui si intravede qualche lontana apertura pop verso i Lemonheads. Sarebbe bello un giorno che i recensori di ROCKIT raccogliessero tutti dischi grunge che giungono loro quasi quotidianamente... credo le pile di cd arriverebbero al cielo. Tutti gruppi bravi, spesso bravissimi, ma simili l'uno all'altro in modo preoccupante.
Così, pur riconoscendo la passione e la sincerità con cui i ragazzi si rifanno ai loro modelli, mi sembra difficile trovare qualche elemento di reale interesse in questo disco piuttosto lungo (più di 47 minuti), registrato non benissimo, e troppo omogeneo quanto a sonorità e atmosfere. D'altro canto, le formule ed i modelli cui gli Acid Brains si rifanno sono talmente logori e strasentiti che bisognerebbe essere dei veri e propri maghi per trarne qualcosa di nuovo. Ora, non c'è niente di peggio dei consigli non richiesti: però io molto umilmente suggerirei, per un prossimo lavoro, di lavorare su meno tracce, su un repertorio più vario, prestando maggiore attenzione ai dettagli e, forse, minore devozione ai propri idoli. Prima e dopo il grunge sono successi un sacco di fatti interessanti, nella musica rock e popolare... perché non tenerne conto?
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La recensione The End of the Show di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-04-07 00:00:00
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