Tin Woodman attinge dall’immediatezza neopsichedelica che, nella traccia d’apertura "Wautah", va dalla quadratura sonora degli MGMT ai Jagwar Ma, esplorando quella zona grigia musicale d’incontro tra suoni vintage e contaminazioni indie nu disco. Un muro di suoni dettato dai synth analogici e chitarre, capaci di cedere il passo dell’imprevedibilità quasi imprescindibile al genere, con la razionalità di matrice progressive, viste le esperienze bresciane dei tre musicisti polistrumentisti che animano il progetto.
Dalla canzone omonima del titolo dell’ep “Metal Sexual Toy Boy”, c’è un ritorno di fiamma alle sonorità glam d’avanguardia di Roxy Music e Talking Heads impreziosita dalla chitarra finale, dove i controcanti di voce maschile e femminile danno una bella sferzata alla ritmica bilanciata del pezzo. L’orecchiabilità iniziale di ”Big Brian Feeling” finisce con l'essere un po' fragile, dissipandosi troppo presto nell'ascolto. Un lato espressivo che al contrario non pregiudica “Tim Woodman Glooms”, brano dal netto sapore anni ’60, in linea con le qualità più evidenti di Tin Woodman in veste di arrangiatore, specialmente nelle parti vocali, elemento decisivo del disco. Un lavoro così maturo nella propria direzione artistica intrapresa, che talvolta ne trascura l’incisività creativa dei brani stessi, a dispetto invece dell'evidente potenziale tecnico.
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