L’amore secondo Gio Mannucci. E un pop totalizzante.
Qui si parla di amore. In parecchie delle sue declinazioni. Amore fisico, per la propria città, per il teatro, per l’arte, per i bambini… L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia, e Gio Mannucci lo sa bene. Una lezione appresa sin dai tempi dei Walrus, dei Mandrake e dei Sinfonico Honolulu, le band grazie alle quali il cantautore livornese si è fatto le ossa.
Con “Acquario” Mannucci ha deciso di ballare da solo, supportato da Ale Bavo (già visto al fianco di Mina, Subsonica e Virginiana Miller) in cabina di regia e da una dimensione pop pressoché totalizzante, che permea le otto canzoni di un album cantato quasi in punta di piedi. Se l’attacco dell’opener “Cinomania” fa pensare ai Radiohead, il disco ha bisogno di meno di un attimo per attestarsi all’interno di territori altri, meno sperimentali, più docili, più votati alla melodia. Quello di Gio Mannucci è un cantautorato intimo, personale, affrontato con malinconia (“Escamotage”, che un po’ ricorda Lucio Dalla), dolcezza (“Parigi”), lentezza (“Applausi a scena aperta”), ma anche con contagioso buonumore (“Come le nuvole”) o orgogliosa serenità (“Tipico della tua età”), se non con improvvisi rigurgiti di derivazione dance (“Regina falò”, senza dubbio il pezzo meno riuscito del lotto). “Acquario” trova sfogo tra invitanti trame elettrocustiche, compensate da un’elettronica gentile, mai invasiva, al servizio di una forma canzone in grado di muoversi tra riferimenti ai Coldplay se non ai Keane o, per restare dalle parti di casa nostra, a Samuele Bersani e Niccolò Fabi.
Di certo, Gio Mannucci ci mette del suo, tirando fuori un songwriting espressivo ed efficace: facile per chi ha deciso di ”essere diverso, in costante mutamento, come le nuvole”.
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La recensione ACQUARIO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-05-02 00:00:00
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