Un album che cerca un equilibrio (e lo trova) fra spirito dark e divertimento
“Le bambole sono per le bambine, bruciare la loro plastica è quello che amavo fare da piccola, giocavo con i maschi. Le bambole sono per le bambine, ho sentito che lo dicevano a mio fratello quando ero piccola, lui giocava con le femmine”.
Sono le parole con cui si apre “The Blonde Album”, e si potrebbe dire che ne concentrano un po' lo spirito, fra ribellione, non troppo arrabbiata e urlata, e ricerca di identità, possibilmente fuori dalle maglie dentro cui ci vorrebbero rinchiusi le aspettative del mondo intorno.
Sfrontate e leggere come bambine che giocano con le macchinine (o come bambini che giocano con le bambole), Chiara “Oakland” Castello e Camilla Matley crescono insieme alla musica e perfezionano la formula del primo lavoro in un album che cerca il suo equilibrio – la sua identità – giocando con la loro art-wave e plasmandola in forme ora più gothic e post-punk, come nella già citata “Daughter”, in “Not Today” e “A Reason”, che flirtano anche con la No wave, ora sconfinanti del dream pop (“Five Days”, “The Road”), ora – anzi spesso, altrimenti sarebbe meno divertente – spingendo sui bottoni dell'electro e dei suoi chiaroscuri dentro cui mettersi a ballare: “Waterfall”, “Rain In August”, “Pinball”, che mischia suoni da sala giochi anni ottanta e ritmiche funky.
Insieme a due compagni di scorribande come Daniel Hunt dei Ladytron (produttore di “A Reason”) e Gian Maria Accusani (Prozac+, Sick Tamburo, coautore, non a caso, dei pezzi dallo spirito più irriverente, ovvero la suddetta “A Reason”, “Daughter”, “Walls Coming Down”, “Waterfall”) le due modellano un disco per bambini e bambine di qualunque età, colore di capelli e bambolotto preferito.
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La recensione The Blonde Album di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-01-23 09:00:00
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