Ho pochi dubbi sul fatto che Jacopo Gobber abbia un bagaglio musicale da far invidia a mezza discografia indipendente. Sono anche abbastanza convinto che in alcuni frammenti della sua ispirazione ci siano momenti a dir poco geniali. Peccato che questa immensa dote artistica si risolva ingiustamente in qualcosa di assolutamente "normale". Prima di raccontarvi quello che accade nella sua musica, è necessario aggiungere che chiunque abbia intenzione di autoprodursi artisticamente un demo, dovrebbe andare un paio di settimane a ripetizione da lui: anche i Neptunes applaudirebbero tanta ricchezza di suono e inventiva negli arrangiamenti. Detto questo, stabiliamo subito che la musica di Jacopo Gobber è pop, senza timore di smentita. Il pop di Gazzè e di Bugo, di Morgan e Tricarico. Un po' classico, un po' alternativo. Un po' orchestrale e un po' lo-fi. In mezzo c'è davvero di tutto: impicci elettronici, ritornelli killer, sinfonie a bassa fedeltà, arzigogoli strumentali, romanticismo elettroacustico, filastrocche per bambini, momenti di cantautorato cristallino. Tutto è pero estremamente pomposo. La consapevolezza della propria bravura talvolta diventa pura spocchia e la pretesa di stupire si trasforma in esternazione ridondante che offusca la spontaneità. Gobber sa suonare tutto con stupefacente maestria e maneggia la melodia come una popstar navigata, conciliando orecchiabilità da classifica con originalità di suoni e testi. Purtroppo le grandi intuizioni finiscono per disperdersi nella prosopopea delle strutture e in una vocalità la cui inflessione deve necessariamente far pace con una dizione meno fastidiosa.
Un talento inequivocabile ma ancora incompiuto. Se qualcuno è alla ricerca di un nuovo artista su cui lavorare, questo forse è un ottimo investimento.
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La recensione Metamorfosi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-04-14 00:00:00
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