Il terzo disco di Nitro definisce sempre più il lato consapevole del rapper di Vicenza
Per una recensione come si deve dovremmo iniziare spiegando il titolo, sviscerare questo o quel concetto che si presti a essere in qualche modo più o meno preparatorio a quanto l'artista ci vuole dire e comunicare. Come commentare, però, un semplice "no comment" e una copertina tanto essenziale? Occorre intanto sottolineare come questo primo puro vuoto comunicativo voglia essere un contenuto a tutti gli effetti (McLuhan dice, ad esempio, che il medium è il messaggio) che, a sua volta, vuole spingere alla riflessione sul vero e proprio horror vacui che si prova di fronte a un'assenza di schemi comunicativi a cui siamo già abituati. Dopodiché, dovremmo concentrarci sulle tracce (proprio come l'artista vorrebbe!) senza perderci nel meta-linguaggio.
Ecco, di questa essenzialità co-testuale apprezziamo l'attenzione che di rimando viene data alla musica e alla cura di ogni dettaglio. Oltre allo stesso Nitro, protagonista quasi assoluto di questo lavoro è allora Low Kidd, produttore e sound engineer di tutto rispetto, davvero in splendida forma, capace di seguire il rapper in ogni suo movimento metrico e a restituire un suono che è personale in due diversi modi: costante se pensiamo a quanto prodotto fin qui e allo stesso tempo unico, perché capace di adattarsi all'esigenze espressive del rapper lungo il percorso di senso generato dalla stessa tracklist.
Tornando al vicentino, possiamo confermare le doti tecniche sicuramente più che buone nel rapping, il carisma al microfono e la padronanza del vocabolario. In questo episodio, notiamo poi un certo zoom-out sulle tematiche: sì, ci sono gli esercizi di stile ("Ok Corral" e "Passepartout"), ci sono risposte agli hater ("Chairaggione"), ovvero due tempi senza il quale il rapgame non esisterebbe. E poi i problemi personali, ma c'è anche un qualcosa di più. In "Ho fatto bene", ad esempio, possiamo sentire di una più che didascalica retrospettiva che lascia poi il posto a uno spiraglio di positività, un "guardare-fuori" accompagnato da un cantato che seppur non perfetto nell'intonazione lo è nelle intenzioni, rivelandosi forse la cosa più interessante di questo nuovo lavoro: la voce di Nitro è graffiante quanto capace di restituire autenticità. Superate le prove di rap, potrebbe dunque essere interessante sentire Nitro lasciarsi andare ed esplorare momenti meno serrati. È già questo il caso di "DM", brano dal sapore funk, oppure le due parti di "San Junipero", citazione a Black Mirror, sono una buona sintesi del passaggio che Nitro attraversa in questo disco.
Molto buone anche le collaborazioni, quasi esclusivamente targate Machete se non per l'eccezione di un Madman in grande forma (e che rivendica subito un'affiliazione che risale ai tempi di "King's Supreme"). Oltre agli ottimi Lazza e Dani Faiv, l'ospite per eccellenza rimane però il patròn Salmo. È infatti sua la produzione che apre il disco e la firma su una delle strofe che meglio intrattengono in tutto il lavoro (la già citata "Chairaggione"); proprio "Chairaggione" poi, porta la firma alla produzione di Tha Supreme, sedicenne da poco entrato in scuderia e già noto ai nostri lettori.
A completare il quadro, "Horror Vacui": un brano in cui un racconto lucido di sé stessi cede il passo a una legittima riflessione sul mondo di oggi e una serie di propositi, canticchiati forse per il prossimo lavoro: «vorrei soltanto smettere di pensare un po' / Comprendere il vuoto dentro me, non pensare un po'».
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La recensione No Comment di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-01-15 00:00:00
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