I groove e i samples dell’hip hop come imprescindibile lievito madre di un’elettronica ambientale, tanto citazionista quanto al passo coi tempi.
Parafrasando un celebre classico del grande Sergio Endrigo, il quale recitava che “per fare tutto ci vuole un fiore” – inteso come primo e imprescindibile elemento generatore di tutte le cose belle della vita – in riferimento agli OTU potremmo sostenere che “per fare ‘Clan’ ci vuole l’hip hop”: qui da intendersi come indispensabile lievito madre di un’elettronica contaminata che parte proprio dai suoi groove e dai suoi samples, appunto, per poi aggregare tutta una serie di nuovi addendi stilistici che catapultano il duo bergamasco formato da Francesco Crovetto e Isaia Invernizzi in una dimensione creativa molto vicina a quella dei Death Grips.
Hip hop sperimentale – alla fine dei conti – dove innesti variopinti di chitarra, frattaglie cinematografiche, fascinazioni noise e un’impalcatura ritmica coriacea e destabilizzante vanno a delineare una sorta di ambient cannibalesco spalmato su dieci tracce interamente strumentali che si distinguono per la moltitudine di voci campionate, tra le quali spiccano quelle dei compianti Prodigy dei Mobb Depp e Mark Sandman dei Morphine, della terrorizzata Wendy di Shining, del leggendario Muhammad Ali, di Hal 9000 (quest’ultimo, a dire il vero, campionato in passato da cani e porci) e persino l’audio di alcuni tutorial pescati da Youtube.
Attraverso gli stridori allucinanti dell’opener “Hine”, le deflagrazioni boom bap di “Ali” e “Mark”, lo schizofrenico loopaggio di “Qter”, le ipnotiche frequenze di “Wendy”, l’egregio lavoro atmosferico della 6 corde in “Peter” ed “Edward” (quasi ai confini del post rock) si sviluppano senza soluzione di continuità scenari di cupa urbanità contemporanea che ben si legano al background graffitaro della band (come peraltro lo stesso nome OTU sta lì a testimoniare – One Tribe United).
Il mixaggio di Rico degli Uochi Toki, infine, addomestica al meglio questo vero e proprio puzzle sonoro carico di umori stradaioli (“Jayg” su tutte) e tensioni cinematografiche assecondati dal sacro fuoco del ritmo.
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La recensione CLAN di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-03-19 09:00:00
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